Si è svolta il giorno 8 novembre scorso presso la Camera di Commercio di Roma una interessante presentazione del libro di Filippo Peschiera sul modello renano, promossa dall’UCID e coordinata dall’Ing. Davide Viziano, Vice Presidente Nazionale.
Il libro è stato analizzato sotto diverse angolature, nell’attuale epoca della globalizzazione e della forte accelerazione del progresso scientifico e tecnico (quarta rivoluzione industriale). Indubbiamente, nel nuovo scenario, stiamo passando da un rapporto di lavoro di tipo contrattualistico ad uno di tipo più cooperativo, con una forte riduzione del potere sindacale e di un coinvolgimento diretto del lavoratore. Come ha sottolineato il Cardinale Bagnasco nelle Conclusioni, le relazioni tra gli uomini implicano la partecipazione, ma questa risente naturalmente dell’attuale forte individualismo e relativismo etico. Come ci ricorda Benedetto XVI, la globalizzazione ci ha reso più vicini ma non per questo più fratelli e si apre per questo il problema dell’umanesimo e della centralità dell’uomo nei processi di sviluppo (visione antropologica). Il significato del lavoro muta in modo profondo e tende fortemente ad allargarsi, con rapporti diversi con il capitale.
Il tema della partecipazione si collega naturalmente anche a quello del welfare aziendale, basato sulla sussidiarietà che costituisce uno dei grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa. Si tratta di un argomento che è stato trattato nel volume “Un nuovo patto sociale” di Lazzarini, Ghidella e Cugno, che fa parte della Collana UCID Imprenditori Cristiani per il Bene Comune (n. 13), pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. Costruire asili per i figli dei dipendenti, colonie estive o altre attività, è certamente una forma di partecipazione e di solidarietà che allarga la responsabilità dell’impresa al di là del mero conseguimento del profitto per la remunerazione del capitale.
Quello della partecipazione è un tema che ha interessato l’UCID fin dalla sua nascita. Nel primo numero della Rivista Operare del mese di dicembre del 1946 troviamo infatti una mozione dei dirigenti d’impresa cattolici sui consigli di gestione. Nella mozione si richiama l’insegnamento dei Pontefici e, in particolare, di Pio XII che richiama la necessità di “temperare il contratto di lavoro con un contratto di società”. Nella mozione si afferma che la denominazione di Consigli di gestione può creare equivoci per il significato che la parola gestione ha di effettiva amministrazione e che dagli equivoci derivano danni alla funzionalità delle aziende con pregiudizio di una di una graduale attuazione nel tempo delle più progredite forme di collaborazione. Tali organi di collaborazione possono essere definiti più correttamente con il nome di Consigli consultivi. La mozione sostiene invece l’opportunità di concordare l’erogazione di premi di produzione che compensino l’apporto di produttività, di speciali capacità e di altri meriti dei lavoratori. Si ritiene che tale organo non debba mai incidere sull’autorità di comando riservata all’imprenditore.
Per quanto riguarda la partecipazione agli utili, sono stati citati due casi: quello della Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e il caso della Mercedes. Il primo caso costituisce una partecipazione agli utili da parte dei dipendenti di intensità attenuata, mentre nel caso della Mercedes la partecipazione è molto consistente. La Germania beneficia di un costo del lavoro per unità di prodotto relativamente basso rispetto alla concorrenza, grazie anche ad una politica coerente con questo obiettivo dei flussi migratori. Viene garantito in questo modo un modello di sviluppo trainato dalle esportazioni, come risulta dai forti avanzi commerciali sull’estero che si avvicinano al 10% del prodotto interno lordo, rispetto ad un valore massimo del 6% consentito dall’Unione Europea. Naturalmente questa situazione tende a mantenere elevato il valore dell’euro, accrescendo le difficoltà degli altri paesi dell’Unione e, soprattutto, quelli del Sud.
Rimane infine aperta, ma non per importanza, la questione degli effetti, ancora in gran parte da vedere, dell’accelerazione del progresso scientifico e tecnico attraverso la quarta rivoluzione industriale e la digitalizzazione dell’intero sistema economico e sociale. Il progresso tecnico aumenta la produttività e questa si riflette in gran parte sulla crescita del reddito pro capite e in parte minore, ma crescente, sulla durata del tempo di lavoro. La disoccupazione tecnologica potrà essere di dimensioni preoccupanti, dato il saldo negativo tra occupazione creata dalla nuove tecnologie e quella distrutta. Gli high skill lavorativi saranno certamente favoriti da questa rivoluzione, ma le conseguenze saranno pesantemente negative sui low skill, tenuto conto delle dimensioni relative. La rivoluzione tecnologica accrescerà certamente i profitti e questo fatto aprirà nuove possibilità per la partecipazione agli utili, ma limitatamente ai dipendenti delle imprese che sapranno cogliere tutte le opportunità offerte dalla quarta rivoluzione industriale. Questo fenomeno negativo potrà essere compensato dal previsto aumento del peso della manifattura dei paesi maggiormente industrializzati come gli Stati Uniti d’America e l’Europa sul prodotto interno lordo. L’Unione Europea prevede un aumento dell’incidenza dal 16 al 20% da qui al 2020.
Le distanze tra i ricchi e i poveri tenderanno purtroppo a crescere, con una polarizzazione dei redditi verso l’alto e verso il basso e una tendenziale scomparsa delle classi medie. Uno scenario non certamente ottimistico che renderà sempre più difficile la ricerca di un nuovo ordine economico mondiale, a causa delle crescenti difficoltà di comprensione e di governo delle differenze storiche, culturali, religiose e dei modelli di sviluppo economico e sociale che sono esplose con la globalizzazione.
Un compito che dovrebbe affrontare la politica, ma che nelle vecchie concezioni nazionali non è in grado assolutamente di svolgere, soprattutto per il potere globale che stanno svolgendo la finanza e la tecnologia. Ci vorrebbe, come dice Papa Francesco nella Laudato si’, riprendendo il pensiero sociale di Benedetto XVI, una autentica Autorità Politica Mondiale che purtroppo al momento non si riesce a intravedere.
Giovanni Scanagatta
Segretario Generale