Incontro con monsignor Giulio Dellavite e Simone Crolla sui cambiamenti imposti dalla pandemia nel mondo del lavoro.

Il gruppo Giovani UCID Lombardia ha ospitato monsignor Giulio Dellavite, Segretario Generale della Curia di Bergamo e autore di numerosi bestseller, e Simone Crolla, Consigliere Delegato di American Chamber of Commerce in Italy e Presidente dell’Advisory Board della Veneranda Fabbrica del Duomo. “L’abito non fa il monaco e il ruolo non fa il manager”, è necessario recuperare ciò che conta davvero. Potremmo sintetizzare in queste poche parole il messaggio dell’incontro (che si è tenuto l’8 giugno) volto ad analizzare il connubio fede-management. Un parterre di primissimo livello, con il Presidente nazionale Gian Luca Galletti e la Presidente regionale Cristina Maldifassi ad aprire le danze di una serata che ha visto come Ospiti d’Onore monsignor Giulio Dellavite e Simone Crolla. Tra i partecipanti anche Stefano Devecchi Bellini, Presidente UCID Giovani, Nicolò Cremona, Vicepresidente, e Filippo Bini Smaghi, Responsabile Comunicazione.

Chiaro il messaggio di apertura: il Covid ha incrinato la dittatura dell’“urgente”, costringendo le persone a fermarsi. Un periodo di riflessione e di messa in discussione di diversi aspetti dati con troppa superficialità per scontati. Il coronavirus ha stravolto il mondo del lavoro e ha imposto di rimettere al centro l’individuo grazie allo smart working. Da precursore involontario, in “Se ne ride chi abita i cieli” don Giulio affronta, attraverso la lente particolarissima della cultura monastica, tutti i temi utili ai manager che si sono trovati ad affrontare l’emergenza: dal pensare in ottica relazionale alla gestione delle organizzazioni, dai modelli di leadership responsabile alle migliori strategie per affrontare il cambiamento. Attualizza insegnamenti millenari e suggerisce al lettore che la vera grandezza sta nel non perdere mai di vista la propria dimensione interiore. Soprattutto, la propria umanità.

D’altronde, come sottolineato da Simone Crolla, la crisi che stiamo vivendo ci insegna che nulla sarà più come prima, nessuno tornerà facilmente alla vita di soli quattro mesi fa. Serve un cambio di paradigma ed un’economia che vada al di là del mero calcolo economico, per ripartire dai valori e dall’aspetto più importante di tutti: le persone, grazie ad un rinnovato rispetto dell’unicità di ognuno e delle comunità in cui si vive e si opera. E qui avremmo da imparare dagli USA, dato che, secondo Crolla, siamo ancora indietro nello sviluppo di un mondo che sia più solidale e compassionevole, concetti su cui la cultura americana è fondata. Di fatti, anche in questo periodo, gli Stati Uniti, nel silenzio e nell’operosità di cui sono capaci, si sono mostrati come i nostri più cari amici, grazie a donazioni sia di prodotti healthcare, che economiche (oltre 40 milioni) da parte di tutte le aziende americane presenti nel Paese. “Non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale” (Clive Staples Lewis). Secondo gli ospiti, in questa situazione di emergenza, siamo chiamati a “costruire il domani”, rimettendo al centro la persona. Le strutture economico-finanziarie non sono cambiate, ma dobbiamo essere noi a farlo, vivendo e vedendo diversamente il mondo. D’altronde, essere credenti è capire che il Signore ci ha resi “azionisti” della sua azienda che si chiama Mondo, ed è nostro compito investire noi stessi per migliorarlo. Il Covid ci ha ricordato il valore della fragilità, ricordandoci di concentrarci sull’essenziale e ciò che conta davvero.

Stefano Devecchi Bellini

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