Eminenza, gentile Sindaco, gentile Prefetto, presidente Galletti, presidente Ghidella, presidente Abete, presidente Fratta Pasini, gentili ospiti. Sono davvero lieto di questa occasione ed è per questo anche in una giornata un po’ impegnativa ho assolutamente voluto mantenere fede all’impegno che ho assunto e quindi aderire all’invito. Anche perché è una ricorrenza particolare: il 73esimo anniversario della Fondazione dell’Unione Cristiana degli Imprenditori dirigenti. Quindi rivolgo un sentito augurio a tutti voi per questo genetliaco e ovviamente in particolare al nuovo presidente Gianluca Galletti … continua
che abbiamo ascoltato, ma allo stesso tempo mi associo anche al riconoscimento e ai ringraziamenti che sono stati tributati al presidente uscente Riccardo Ghidella.
Questa ricorrenza, e devo dire anche la Relazione, è molto articolata.
Questi vostri interventi ovviamente mi sollecitano, ho una responsabilità d’ufficio ovviamente, mi devo occupare anche della quotidianità dei temi del Paese, però è chiaro che sono in un contesto che mi stimola anche a svolgere qualche più ampia riflessione.
Credo lo meritiate, per quello che avete fatto dal 1947 fino ad oggi, per i temi che la vostra associazione ha posto al centro delle sue riflessioni e della sua azione, quindi perdonatemi se, come dire, approfitto e opero qualche scarto rispetto al ruolo di Presidente, ma viene anche fa capolino anche un po’, la mia attitudine anche di studioso. Gli anni successivi al secondo conflitto mondiale sono stati segnati da tante tensioni ideologiche ma si caratterizzarono per un forte, direi centrale motivo: la partecipazione corale all’opera di ricostruzione non solo economica del Paese.
Evidentemente si trattò anche di una tenace volontà, chiaramente espressa, di riscatto e di
rigenerazione morali. A quest’opera immane di riedificazione materiale, di rinascita spirituale della società contribuì in modo significativo la vostra Associazione.
Questo è un merito storico, non devo dirlo io ma è stato già detto da persone molto più autorevoli. Vi siete distinti subito per la particolare attenzione riservata ai temi del lavoro, dell’impresa, del mercato, in generale dell’economia. Temi considerati però all’interno di ammissione cristianamente orientata, fortemente inclusiva, socialmente avanzata. E la matrice culturale peraltro che ispirò l’iniziativa dei fondatori dell’Associazione è la stessa che poi animò anche l’intervento, la partecipazione, di autorevoli personaggi costituenti cattolici. Nell’ambito dell’Assemblea Costituente il contributo fu determinante.
Per quel che riguarda il tema dei Diritti Sociali, del lavoro. Si trasse ispirazione, è stato ricordato, dalla dottrina sociale della Chiesa che era già chiusa allora in alcuni fondamentali documenti pontifici “Rerum novarum”, “Graves de Communi Re” di Leone XIII e poi l’enciclica “Quadragesimo Anno” di Pio XI.
Attraverso quei documenti, già in quegli anni, si cercò di individuare, oggi poi è stato innovato questo anelito, questo indirizzo, soprattutto nell’intervento del Presidente Galletti, una terza via tra liberalismo e socialismo in grado di conciliare, da una parte il riconoscimento dei diritti inalienabili della persona, e dall’altra le istanze sociali più avanzate. Chiarissima, e i documenti e i resoconti del dibattito in seno all’Assemblea Costituente lo testimoniano, fu la posizione dei cattolici sul tema.
Provo a riassumerla: il mercato non può essere arbitro assoluto e incontrastato perché la concorrenza se non viene temperata da principi di giustizia sociale non è in grado di indirizzare il sistema economico verso la realizzazione del bene comune, scopo verso cui deve tendere ogni comunità politica.
Questa “correzione” delle logiche del mercato non poteva però realizzarsi evidentemente per mezzo di un impianto dirigista perché uscivamo da una frase di dirigismo economico peraltro caratterizzata anche da una struttura più che realizzata, pensata dal punto di vista sociale, in termini di ordinamento corporativo.
Quindi un sistema gerarchicamente organizzato. Ecco allora la prospettiva di una fruttuosa collaborazione di cui la vostra Associazione, i costituenti cattolici, si fecero portatori.
Una fruttuosa collaborazione tra classi sociali: è il modello interclassista. Questa è la grande intuizione che ha contribuito in modo significativo, e direi per certi versi anche irripetibile, alla crescita della nazione negli anni della grande industrializzazione.
Quindi anche in virtù di questo specifico apporto, di questa specifica sensibilità, si realizzò questo processo di industrializzazione in termini che oggi invidiamo molto perché furono sufficientemente è ampiamente inclusivi, equi e attenti ai bisogni di tutti.
In questo ruolo un altro elemento è stato fortemente caratterizzante, dire determinante, l’apprezzamento e il riconoscimento del ruolo delle formazioni sociali a tutti i livelli: famiglia, organizzazioni sindacali, leghe cooperative, società di mutuo soccorso e volontariato.
Garanti del pluralismo sociale, economico, in grado di rappresentare lo strumento più adeguato anche per tutelare i soggetti più vulnerabili, più fragili, in quanto capaci di arrivare la dove lo stato non riesce ad intervenire. La grande intuizione, anche questo rimarcato dal Presidente Galletti, del valore della sussidiarietà.
D’altra parte l’uomo, in base a questa visione, non è concepibile come una monade isolata di fronte all’ordinamento giuridico, al contrario si inserisce in un contesto di rapporti di vita, di natura affettiva, professionale, politica, che il diritto non può trascurare ma neppure l’economia deve scardinare anzi deve contribuire, devono contribuire, Diritto ed Economia politica, ad esaltare.
La concezione della centralità della persona umana direi che racchiude l’essenza delle culture di ispirazione cristiana, che non è da intendersi come mero piegamento autoreferenziale, ma il contrario e indissolubilmente legata alla dimensione sociale dell’essere umano.
Ne derivano le basi, poi sviluppate per una visione più realistica della società, capace di valorizzare al massimo i corpi intermedi e, attenzione, oggi appare una cosa scontata ma l’epoca no.
In tale contesto, i divari tradizionalmente presenti nel nostro Paese – come quelli fra Nord e Sud, fra aree urbane e aree interne, fra “garantiti” ed esclusi – vengono purtroppo amplificati, bloccano quell’“ascensore sociale”, che è stato un tratto distintivo della migliore stagione della crescita italiana dopo il secondo dopoguerra.
Di fronte a queste sfide, dobbiamo mettere in campo e raccogliere tutte le nostre forze, dobbiamo concentrare le energie per vincere queste sfide. Non ci possiamo consentire distrazioni di sorta, lo dobbiamo fare perché abbiamo un obbligo, un dovere politico, un dovere giuridico ma anche un dovere morale.
Dobbiamo rilanciare la crescita e lo sviluppo sociale, dobbiamo restituire vigore alle aspettative e al sogno di un futuro migliore coltivato da tutti gli italiani.
Per riattivare la crescita e la produttività, è centrale far ripartire sicuramente gli investimenti pubblici, dobbiamo spenderci tanto in questa direzione perché vedete gli investimenti pubblici negli anni sono stati frenati non solo da una logica generica di austerità, ma anche dalla eccessiva complessità del quadro normativo e della eccessiva complessità della governance pubblica, dobbiamo creare un ambiente molto più favorevole agli investimenti pubblici e anche privati. Ecco perché dico sempre che la semplificazione di tutto il sistema della pubblica amministrazione, di tutti i procedimenti amministrativi è la madre di tutte le riforme.
Poi ancora, dobbiamo assolutamente lavorare per il rilancio dell’occupazione, in particolare dei giovani, dobbiamo offrire accesso a canali di finanziamento bancario e di mercato orientato alla crescita delle nostre imprese, senza dimenticarne le peculiarità dimensionali e territoriali, il nostro tessuto produttivo e soprattutto la forza di esso risiede nelle piccole e medie imprese. Dobbiamo far crescere i nostri campioni ma dobbiamo anche assicurare ossigeno alle piccole e medie imprese.
La crescita economica è una dimensione dello sviluppo integrale della persona che, proprio in virtù della lezione cristiana, non possiamo separare dalla solidarietà, dalla premura verso i più vulnerabili, i più fragili. Non possiamo crescere senza prestare una particolare attenzione al sistema del welfare, senza evidentemente una serie di misure a beneficio delle persone che sono in difficoltà economica.
Non da ultimo, dopo aver potenziato il sostegno alle famiglie per quanto riguarda gli asili nido e il bonus bebè, stiamo lavorando – qui c’è la Ministra Bonetti – il primo confronto con le forze di governo per rilanciare il programma di governo è stato dedicato proprio a questo, dobbiamo lavorare, noi lo chiamiamo con una formula sintetica, “Family Act”, una serie di misure che ci consentano di ordinare, riordinare ma anche potenziare tutti gli interventi attualmente già predisposti aggiungendone altri in favore delle famiglie e quindi, anche, in particolare delle famiglie numerose e a basso reddito.
Le analisi di UCID, e mi avvio a conclusione, vi ho rubato tantissima attenzione, ne sono consapevole, ci ricordano l’importanza di promuovere la responsabilità anche sociale dell’impresa, la formazione, il microcredito e la microfinanza come strumenti qualificanti per perseguire il “bene comune”.
Un’iniziativa economica ha un impatto sociale che va al di là del profitto che genera, quindi bisogna sicuramente diffondere la cultura di una responsabilità anche sul piano sociale. E’ la consapevolezza, peraltro io aggiungo, che non bisogna tanto distrarre gli imprenditori da quello che è il loro fine, cioè far bene il loro business ma ovviamente coinvolgerli in una prospettiva di crescita di medio e lungo periodo e chiaramente in questa prospettiva la sostenibilità finanziaria, economica, ambientale, sociale diventa un aspetto fondamentale. Sono molti i percorsi, le forme attraverso cui riannodare – nella società e nella politica – i fili di una trama, di contenuti e di proposte, che possa alimentare il dibattito politico in una sfera pubblica sempre più “polifonica”.
Sempre più si avverte il riferimento – ascoltando nel profondo anche i bisogni, le richieste che ci vengono dai cittadini – il desiderio di riferimenti sicuri, l’urgenza di recuperare, sia nelle relazioni interpersonali che nella dimensione pubblica, soprattutto nella politica, un metodo e un linguaggio mite, sobrio, autentico, responsabile, rispettoso dello Stato e delle sue Istituzioni, operativo, operoso e non distratto da polemiche.
In questa prospettiva, decisivo potrà essere il contributo dei cattolici che – insieme a quanti, pur muovendo da prospettive diverse anche distanti, condividono le medesime preoccupazioni e nutrono le medesime aspirazioni – possono convergere verso questo fondamentale obiettivo, condizione prioritaria per costruire e uso un’espressione cara ai cristiani, la civitas, la città secolare, quanto più possibile inclusiva, equa, sostenibile, solidale.
Grazie.
Riduci