Miei cari amici, va detto in realtà che queste non sono conferenze, che si possono limitare al territorio, ma debbono avere una caratura nazionale e un certo peso specifico. Quindi, complimenti!
Le tematiche trattate rientrano in un filone lungo di tanti anni. Vorrei fare qualche riflessione e, soprattutto, vorrei dare qualche testimonianza. Cioè, quello che abbiamo anche fatto. Perché l’UCID non è solo incontro di persone, ma è un operare continuo di persone, appunto.
Mi permetta il Prof.Felice di ricordargli che, noi dell’UCID, di welfare sussidiario parlammo a San Marino nel 2010, poco dopo dell’uscita della “Caritas in veritate”, la quale, non solo ci responsabilizzava come imprenditori, ma soprattutto chiariva come il ruolo dell’impresa non è marginale, ma centrale. Nella suddetta enciclica, si chiarisce che il problema non è fare profitto, ma come lo si fa e come lo si gestisce. Quindi, passa anche il concetto chiaro e forte che l’impresa non può sopravvivere, ma deve vivere. Anche svolgendo tutte le azioni, delle quali diceva il Dott.Di Martino, che debbono essere messe in campo parallelamente all’attività produttiva in senso stretto.
Quindi, soprattutto noi dell’UCID, siamo persone. Noi siamo un’associazione di persone, che hanno responsabilità di lavoro, come imprenditori, come dirigenti e come professionisti. Tali responsabilità le viviamo da persone, non da modelli organizzativi. Noi abbiamo imparato ad avere una visione sociale. Come ci ha insegnato il nostro compianto Presidente Nazionale Ferro, dobbiamo essere pratici, ovvero dobbiamo avere la capacità di guardare con un occhio all’attività produttiva, al profitto, e, con l’altro occhio al sociale. Dobbiamo riuscire a far convergere questo “strabismo” in un’unica visione, che vi sintetizzo in un’opera: l’Opera Immacolata Concezione. Quella che, come ha detto il Presidente Lorenzetti, andrete presto a visitare come soci UCID a Padova, è una struttura che non ha cancelli, né recinzioni. Fa convivere le persone anziane con i bambini. I primi diventano i nonni di tutti. Si allunga la vita. C’è il club dei longevi: ce ne sono 46 ultracentenari. Questo perché vivono meglio.
Vogliamo declinare cos’è il welfare? Secondo me, non c’è tanto bisogno di definizioni. Con le piccole azioni quotidiane, come l’asilo dei bambini (nella suddetta struttura), che è diventato il luogo, nel quale i nonni trasferiscono le loro conoscenze, competenze, tradizioni ed esperienze, diventando un momento per vivere meglio tutti. Educhiamo quindi i bambini e non facciamo più sopravvivere i nonni con le pillole, ma col benessere, con l’affetto, con l’amore cristiano. Questa, secondo me, è una delle piccole cose, di cui parlavo prima.
C’è anche un altro concetto del produrre profitto. Si tratta di una vecchia teoria, che ci siamo inventati col Prof.Zamagni dieci anni fa a Bertinoro. Abbiamo inventato in quel frangente il “not-for-profit”, che si affianca al “make-of”. Cioè, le nostre aziende non sono no-profit. Noi il profitto lo dobbiamo garantire. Siamo imprenditori, investiamo del capitale che deve essere remunerato. Quel capitale lo reinvestiamo per crescere. Una parte però la reinvestiamo come “non-for-profit”, non per guadagnare. Lo facciamo perché insistiamo sui territori e viviamo con le persone. Portiamo avanti azioni, che sono spesso piccole, forse tradizionali, ma molto concrete: dal finanziare la squadra sportiva dei figli, allo sponsorizzare la sagra. Sono comunque azioni di welfare, perché comunque si sta tutti assieme. Non è solo, ad esempio, finanziare la pace nel mondo. Quelle piccole azioni tradizionali, hanno un significato molto più profondo di quanto si possa pensare: portare avanti delle tradizioni, appunto. Poco fa il Dott.Di Martino ha citato lo “smart working”, che è quella flessibilità, quel telelavoro, ma che risponde alle esigenze della maternità, paternità e familiarità. Ovvero, la possibilità di stare in casa, coniugando meglio il lavoro con ciò che è l’aspetto di vita familiare.
Faccio una carrellata su alcune cose realizzate come UCID. Le abbiamo fatte, perché noi facciamo più politica, molta più politica di tanti altri. Contribuiamo alla gestione della polis. Sappiamo qual è il nostro ruolo. Non sono molto d’accordo col Dott.Rossi su due cose: l’UCID è un provider, che non colpevolizzo. Forse dobbiamo educarli ad avere obiettivi migliori. Fra i provider, quindi, c’è l’UCID e farò degli esempi in questo senso di piccole cose realizzate, ma a costo zero. Non c’è bisogno di investimenti, se non intesi come tempo e fantasia. Seconda cosa, più metodologica, anche perché con il Dott.Rossi mi trovo perfettamente d’accordo su tutto quello che ha detto: lui parla di contrattazione (ovviamente come sindacato), ma io non sono d’accordo, perché non devo contrattare con nessuno, ma insieme. Rispolveriamo il vecchio significato di competizione “cum petere” andare assieme. La vecchia, sana competizione, per la quale si va tutti insieme verso lo stesso obiettivo; non si litiga. Abbiamo ruoli diversi, ma andiamo insieme.
Noi dell’UCID, da provider, in questi anni abbiamo fatto varie cose e me le sono dovute scrivere, perché ne abbiamo fatte veramente tante. Ne cito solo alcune. Prima di tutto, siccome siamo cristiani e abbiamo un piccolo “difetto”, la sensibilità, noi riusciamo naturalmente ad intercettare le esigenze e i fabbisogni delle persone. Sulla base di questo, individuiamo le problematiche, sulle quali intervenire. Questo, come detto, è “connaturato” per noi dell’UCID. Non parliamo della Dottrina Sociale della Chiesa perché siamo bravi…, ma perché condividiamo certi principi, certi modi di ragionare. Nasce ad esempio la “Banca del volontariato”. Insegnare che, quello che possiamo dare agli altri, è il nostro tempo. Noi nel welfare non dobbiamo per forza erogare denaro o servizi. Possiamo anche individuare fra i nostri lavoratori qualcuno, che può dedicare il suo tempo a contribuire a migliorare il clima, a dare una mano, a fornire un aiuto psicologico, quindi immateriale a qualche collega. Parliamo di una questione di relazione; non più economica o fisica. Il Dott.Rossi ha elencato tutta una serie di attività, ma non mi sembra di aver letto qualcosa, come la “Banca del volontariato”. Questa non è una critica, ma (e lo dico al Presidente UCID Marche) dobbiamo intervenire sul territorio, affinché altre iniziative si aggiungano a quelle già citate dai relatori.
Uno dei grandi problemi delle persone, soprattutto nel periodo di crisi, è fare fronte alle prime necessità urgenti. In alcune aziende, come UCID, abbiamo sottoscritto accordi con le banche, al fine di velocizzare alcuni finanziamenti di prima necessità. Non erogando denaro a casaccio. Si possono avere dei dipendenti che hanno delle emergenze: debbo sottopormi (o far sottoporre un familiare) a degli esami medici importanti, mi si è rotta l’auto e ho difficoltà a raggiungere il posto di lavoro e quant’altro. Se la banca è in grado, nell’arco di una settimana, con un modello pre-concordato (senza comunque saltare quelle che sono le procedure bancarie) di erogare un finanziamento d’emergenza, il dipendente riesce a far fronte meglio alle prime necessità. Abbiamo coinvolto la banca facendola diventare parte integrante di questo sistema. La garanzia è fornita dall’impresa, dato che parliamo di suoi dipendenti. Anzi, è l’impresa che restituisce direttamente la somma alla banca, decurtandola dal salario o stipendio del dipendente, d’accordo con esso. Questo all’azienda non costa niente: fantasia, tempo… Le aziende UCID non licenziano. Applicando la Riforma Biagi, se dobbiamo tagliare, diamo la possibilità al dipendente di trovare un nuovo lavoro e avere una sua continuità. Altra soluzione, pensata dall’UCID: in provincia di Benevento, uno dei nostri imprenditori che ha due figli piccoli, invece di comperare le altalene e gli scivoli in casa, ha preferito riqualificare un parco pubblico, affinché i suoi figli, insieme agli altri bambini della città, ci potessero giocare. Ha chiesto le autorizzazioni, dichiarando che avrebbe messo tutto a norma. Siccome ci voleva troppo tempo per tutte le autorizzazioni e quant’altro, alla fine l’imprenditore ha installato questo bambinopoli nel parco della città “d’ufficio”. L’idea comunque che ci sta sotto è da evidenziare: questo imprenditore ha pensato di acquistare queste attrezzature per i propri figli, che però avrebbero giocato con le stesse nel giardino di casa anche con i loro amichetti. Allora ha pensato bene di condividerle con tutti i bambini della città, installando quelle attrezzature nel parco pubblico, riqualificandolo pure. Ecco che è importante andare d’accordo col territorio, con le pubbliche amministrazioni. Per questo non parlo di contrattazione, bensì di partnership. Dobbiamo sempre ritrovarci, quindi.
Volevo in sostanza dire che, quando il welfare aziendale è fatto da persone, che buttano il cuore oltre l’ostacolo, può costare, ma può essere un grande esercizio di fantasia, creatività e tempo, che hanno il loro valore e non hanno costi vivi. Complimenti ancora a tutti e grazie di cuore!