“La bassa crescita delle imprese italiane rispetto alle imprese americane” a cura di Giovanni Scanagatta

Feb 19, 2025 | Attualità, Riflessioni

LA BASSA CRESCITA DELLE IMPRESE ITALIANE RISPETTO ALLE IMPRESE AMERICANE

Giovanni Scanagatta*

Ci sono diversi metodi per misurare la crescita delle imprese e qui viene proposto il metodo delle quotazioni di borsa. Secondo tale metodo, il rapporto tra prezzo delle azioni e utili per azione è uguale al reciproco del tasso di interesse reale meno il tasso di crescita atteso dell’impresa, al netto della variabilità di questo tasso. Il secondo termine va poi moltiplicato per il rapporto tra dividendi e utili.

Il metodo presenta alcuni problemi connessi alla variabilità del prezzo delle azioni sul mercato di borsa e alla politica dei dividendi da parte delle imprese. In relazione alla politica dei dividendi, l’impresa dovrebbe mandare segnali “corretti” al mercato con una relazione equilibrata tra gli stessi e la redditività dell’impresa. Perché, al limite, l’impresa potrebbe essere in perdita e distribuire ugualmente dividendi attraverso l’indebitamento.

Sul tema della distribuzione dei dividendi è interessante ricordare la diatriba tra H. Ford e il fratelli Dodge all’inizio del novecento con l’avvio della motorizzazione diffusa. I fratelli Dodge, che avevano investito capitali nella società automobilistica, avevano fatto causa a Ford perché distribuiva scarsi utili agli azionisti. Ford giustificava questa politica affermando che era importante remunerare adeguatamente i dipendenti per consentire loro l’acquisto delle automobili fabbricate dalla Ford, piuttosto che distribuire lauti dividendi agli azionisti. Ford perse la causa e questo fa capire l’orientamento del capitalismo americano di quell’epoca. Emerge qui l’importanza della domanda effettiva keynesiana per raggiungere un livello di produzione compatibile cn una bassa disoccupazione. In questo modo viene rovesciata la teoria degli sbocchi di Say: non è l’offerta che crea la propria domanda ma l’inverso.

Ci si propone ora di confrontare la crescita attesa di tre imprese americane con tre italiane utilizzando il metodo delle quotazioni di borsa. Le imprese americane sono Apple, Starbucks e Nike; quelle italiane sono Enel, Eni e Leonardo.

Apple ha un rapporto prezzo delle azioni/utili di 39 (18/02/2025), un prezzo delle azioni di 241 dollari e una capitalizzazione di borsa di 3674 miliardi. Colpisce la capitalizzazione di borsa di Apple, pari al 50% in più del prodotto interno lordo italiano. In questo caso, il rendimento istantaneo delle azioni Apple è del 2,6%, naturalmente nell’ipotesi che venga acquistata un’azione Apple prima del pagamento del dividendo e venga venduta subito dopo, nell’ipotesi che in questo breve lasso di tempo non ci siano variazioni del prezzo del titolo. SE invece il titolo viene tenuto per un tempo superiore, bisogna aggiungere al rendimento connesso al dividendo, il guadagno o la perdita in relazione all’andamento del titolo stesso. Per esempio, nelle ultime 52 settimane, la differenza tra il prezzo massimo e quello minimo delle azioni Apple è stato notevole, 260 contro 164, con una variazione percentuale in un anno del 59%. Se, ipoteticamente, un investitore avesse comperato il titolo Apple a 164 all’inizio dell’anno e venduto a 260 alla fine dell’anno, il rendimento complessivo sarebbe di quasi il 62%, compreso il dividendo di circa 6 dollari per azione.

Starbucks presenta un rapporto prezzo delle azioni/utili di 36, un prezzo delle azioni di 113 dollari e una capitalizzazione di borsa di 128 miliardi.

Nike ha un rapporto prezzi/utili di 23, una quotazione di 73 dollari per azione e una capitalizzazione di borsa di 108 miliardi.

Calcoliamo ora, usando la formula sopra indicata, il tasso di crescita atteso delle tre società americane, supponendo un tasso di interesse reale del 3% e una distribuzione dei dividendi pari al 50% degli utili.

La crescita attesa di Apple è del 2,7%, quella di Starbucks del 2,6% e la crescita attesa di Nike dell’1,8%.

Vediamo ora i rapporti prezzi/utili di Enel, Eni e Leonardo, nonché i rispettivi prezzi delle azioni e le capitalizzazioni.

Enel ha una capitalizzazione di borsa di 69 miliardi, un prezzo delle azioni di 6,8 euro e un rapporto tra prezzo e utili delle azioni di 10.

Eni ha una capitalizzazione di borsa di 46 miliardi, un prezzo per azione di 14 euro e un rapporto tra prezzo delle azioni e utili di 18.

Leonardo presenta una capitalizzazione di borsa di 17 miliardi, un prezzo per azione di 35 euro e un rapporto prezzo/utili di 19.

Sulla base di questi dati, la crescita attesa di Enel è di -0,1%, di Eni dell’1,2%, di Leonardo dell’1,4%.

Come si nota, la crescita attesa delle tre società americane è decisamente superiore a quella delle tre società italiane.

Vediamo ora la crescita attesa delle sei società considerate nell’ipotesi di un rapporto tra dividendi e utili non più pari al 50% ma al 30%.

Ecco i risultati:

Apple: 3,2%

Nike: 2,7%

Starbucks: 3,1%

 Il grafico seguente illustra le crescite attese delle sei società analizzate sulla base del rapporto tra prezzo e utili per azione nelle due ipotesi di dividendi del 50 e del 30%.

 GRAFICO

Il grafico mostra che quando le società trattengono una maggiore quota degli utili, aumenta la crescita attesa. In questo modo le imprese hanno maggiore risorse per gli investimenti, soprattutto per finanziare le spese in ricerca e sviluppo, e in questo modo si può accrescere lo sviluppo dell’impresa.

Riferendoci al caso Apple, se la società avesse trattenuto tutti gli utili, il tasso di crescita atteso salirebbe al 4%.

In definitiva, il tasso di crescita atteso di una società, secondo il metodo delle quotazioni di borsa, dipende dal rapporto tra prezzo delle azioni e utili per azione, dal rapporto tra dividendi e utili e dal rischio connesso alla variabilità della crescita attesa, a parità di tasso di interesse reale. Naturalmente, maggiore è il tasso di variabilità della crescita attesa, che va visto come un indicatore di rischio, maggiore sarà la crescita attesa con una relazione positiva con il rischio.

*Professore di Politica economica e monetaria all’Università di Roma “La Sapienza”