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Intervento di saluto di Mons.Rocco Pennacchio – Arcivescovo Metropolita di Fermo

Saluto tutti e ringrazio per l’organizzazione del convegno. La parola welfare non significa esattamente benessere fisico, ma buona tariffa e indica uno stato, che comporti il “viaggiare bene”; in buona sostanza il buon vivere.

In questo mio intervento voglio citare l’instancabile attività delle parrocchie, unità elementari della Chiesa, nei servizi agli uomini e alle donne più svantaggiati, per testimoniare comunque il Vangelo. Perché la fede cristiana è certo ispirata dalla speranza della risurrezione, ma è un segno anticipatore importante donare oggi dei segni concreti di questa salvezza a queste persone. L’esigenza di aprire le porte ai più svantaggiati non si risolve in un semplice sostegno economico, ma mira a raggiungere i bisogni più profondi di relazione e di senso. L’aiuto per pagare una bolletta o la spesa nasconde sempre sofferenze maggiori. La fatica di accettare la vita, quando riserva brutte sorprese: rovesci economici, crisi affettive, sofferenze psichiche e l’isolamento che ne deriva. Il vero bisogno è quello di allacciare o riallacciare relazioni, per ritrovare il senso della propria dignità. Come sappiamo, negli ultimi decenni sono aumentati i bisogni sociali, a causa dell’impoverimento delle famiglie, come attesta il sensibile aumento dei numerosi interventi che mettiamo in atto. Questo fenomeno, unito alla contrazione di risorse da parte del welfare statale, origina poi la difficoltà di riassorbire questi nuovi bisogni. La Chiesa perciò incoraggia la ricerca e la messa in atto di nuove forme di intervento, che coinvolgano i privati e, per quanto riguarda il nostro tema, gli imprenditori, che diventano protagonisti di una forma di welfare non meno importante del cosiddetto primo welfare. Mi permetto da profano di provare a rintracciare come questa tematica interessi i cristiani, perché in linea con i principi di base della Dottrina Sociale della Chiesa. Esso infatti (il welfare aziendale) si inserisce in quel processo complesso di ricerca e di educazione al Bene Comune; del rispetto della dignità della persona, come dicevamo. Non sfuggono nemmeno i valori della solidarietà e della sussidiarietà, che sono coinvolti in questo processo. La dignità della persona? Certo! Nel momento in cui si favorisce il benessere, sfrondato dalle accezioni un po’ goderecce; ossia, lo stare bene, l’essere bene; l’essere aiutati a vivere bene la propria identità di persone; in questo senso. Quindi, favorire il miglioramento della vita dei propri lavoratori, non solo in azienda, ma anche quella familiare, è una prospettiva ineludibile che ritorna, sono sicuro, alla lunga (ma anche in breve) a vantaggio del profitto aziendale. L’altro valore sottolineato è il Bene Comune che, in questa forma, favorisce la messa in rete di diversi soggetti: non solo le aziende e i lavoratori, ma anche il Terzo Settore. Una serie di soggetti che, insieme, favoriscono il processo di comunione e la pace sociale. Il valore della sussidiarietà (peraltro riconosciuto dalla nostra Costituzione, in questo caso una sussidiarietà di tipo aziendale) per la ricerca del Bene Comune, che lo Stato ha interesse a incoraggiare e lo fa attraverso gli interventi che assicura, tipo la defiscalizzazione. Il valore della solidarietà: cioè penso per esempio ai fondi di solidarietà,  che possono venire in aiuto ai lavoratori, in caso di difficoltà, di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa; quindi vari sostegni al reddito familiare. Infine, il valore educativo: quindi tutti i valori riconosciuti, appoggiati e approvati ovviamente dalla Chiesa, che fanno parte del patrimonio della DSC. Il valore educativo nei casi in cui, il welfare aziendale, offre la possibilità di optare per un servizio, anziché per un premio economico. Questo consente di valorizzare le finalità del servizio erogato: libri, assistenza, viaggi. Ciò, conseguendo peraltro un risparmio economico dal punto di vista fiscale. Tutto luccica in questa prospettiva, anche se le difficoltà sono state già indicate: se l’azienda va male, fa pure fatica a mettere in atto certi processi. Alcuni studiosi poi evidenziano i limiti del welfare aziendale, soprattutto dal punto di vista di quella disparità, che può verificarsi tra lavoratori e lavoratori; cioè, tra chi ha la fortuna di lavorare in un’azienda che mette in atto questi processi e chi no. Sappiamo però che, come dice Amartya Sen, non esiste una giustizia perfetta possiamo solo percorrere piccoli passi, a partire dai bisogni dei singoli e della comunità. Concludo ringraziando l’UCID per quest’incontro e gli imprenditori che, al suo interno (immagino), stanno adottando questi strumenti. Ciò fungerà da pungolo, affinché questa mentalità sia sempre più diffusa e siano messe in atto le più adeguate forme di intervento sociale in questo campo.

 

 

One Response to “Intervento di saluto di Mons.Rocco Pennacchio – Arcivescovo Metropolita di Fermo”

  1. Juan Hopfensperger ha detto:

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