Piccole e medie imprese oggi
Il sistema delle piccole e medie imprese paga da troppi anni un prezzo altissimo in un’Italia non ancora capace di uscire dal lunghissimo periodo di crisi, crisi che ha ormai abbandonato le caratteristiche della contingenza per divenire strutturale. Le piccole medie imprese , prime attrici dell’economia italiana del recente passato – ricordate lo slogan” piccolo è bello” – e caratterizzate da sempre da scarsissima capitalizzazione, hanno risentito dell’effetto negativo della lunga carenza di domanda e delle grandi difficoltà del sistema creditizio che ha pagato le inefficienze interne e la mancanza di concorrenza tipica del regime di protezione adottato fino all’entrata del nostro Stato nell’eurozona. In questi ultimi anni, esse hanno visto ridurre il PIL di oltre nove punti. I consumi interni, quando sono cresciuti, lo hanno fatto molto timidamente anche a causa del clima di estrema sfiducia che ha limitato la spesa dell’operatore economico famiglia. E’ un fatto che la nostra bella Italia è oggi quarta nell’eurozona, dopo la Grecia, Cipro e Irlanda, per crediti deteriorati od in “sofferenza”.
Nell’Unione europea si stima che il 99,8% delle imprese sono di piccole o medie dimensioni, con un massimo di 250 dipendenti. Quelle con meno di 10 addetti rappresentano il 93% del totale, da 10 a 50 dipendenti sono il 5,9%, da 51 a 250 addetti lo 0,9%. Accanto a questi numeri, rileviamo che le imprese con più di 250 occupati rappresentano lo 0,2% del totale.
Ottantasei milioni di persone (66,5% dell’occupazione totale), in Europa, sono impiegate in più di venti milioni di piccole medie imprese. Negli U.S.A., invece, la situazione è diversa. Intanto, là le p.m.i. sono definite tali se hanno un numero di occupati inferiore a 500; e, fra queste, le aziende fino a 9 addetti rappresentano il 50% del globale; quelle da 10 a 99 dipendenti il 38% ; le imprese da 100 a 499 addetti l’8% e quelle oltre i 500 dipendenti, il 4%.
La dottrina economico sociale ritiene che il motore della prosperità delle economie sviluppate sia rappresentato proprio dal settore delle piccole e medie imprese; nei paesi in via di sviluppo invece, il sistema delle p.m.i. è debole con un peso del 16% per il PIL e del 18% per l’ occupazione.
La situazione attuale richiede, come noto, la grande attenzione degli statisti e dei governanti, ancora non abituati a ragionare in termini antropocentrici; ma, come U.C.I.D., ci piace rilevare le indicazioni importanti che sono contenute nel Compendio della Dottrina Sociale del 2004 proprio in tema di aziende di piccole dimensioni e delle cooperative per uscire dalla “trappola della povertà”. La dottrina sociale fa emergere il grande contributo che queste realtà possono offrire alla crescita economico finanziaria ed alla valorizzazione del lavoro come elemento fondamentale della dignità umana, elemento principe per l’equilibrio della collettività degli individui. Già Giuseppe Toniolo, nel suo Trattato di Economia Sociale fece intuire l’importanza di far concentrare l’attenzione dei governanti sul ruolo fondamentale delle cooperative e del le aziende di medio piccole dimensioni del territorio sul necessario processo di civilizzazione dell’economia, iniziando a dare così attuazione concreta alle linee di azione tracciate da Leone XIII nella Rerum Novarum.
Sezione U.C.I.D. Livorno
Livorno, 7 giugno 2016