L’INTELLIGENCE ECONOMICA NELL’INCERTEZZA GEOPOLITICA MONDIALE
Giovanni Scanagatta*
La guerra commerciale con i dazi di Trump e la crisi del multilateralismo stanno evidenziando sempre di più l’importanza dell’intelligence economica per la sicurezza degli Stati e la competitività delle imprese.
L’intelligence economica è la ricerca e l’elaborazione di notizie finalizzate alla tutela degli interessi economici, finanziari, industriali, scientifici e tecnologici di un Paese ad opera dei suoi servizi di informazione (M. Ortolani, Intelligence economica e conflitto geoconomico, goWare, Firenze, 2020).
In un mondo sempre più interconnesso e al tempo stesso instabile, l’intelligence economica emerge come uno strumento strategico fondamentale per affrontare l’incertezza geopolitica. Guerre commerciali, conflitti armati, crisi energetiche e mutamenti nelle alleanze internazionali pongono nuove sfide sia agli Stati che alle imprese. In questo scenario, la capacità di raccogliere, analizzare e utilizzare informazioni economiche in modo tempestivo e mirato può fare la differenza tra sopravvivenza e fallimento.
Più precisamente, l’intelligence economica è un insieme di attività che mirano a raccogliere, elaborare e proteggere informazioni rilevanti per il vantaggio competitivo e la sicurezza economica. Essa comprende: raccolta di informazioni su mercati, concorrenti, regolamentazioni e rischi; analisi strategica per supportare decisioni aziendali o politiche pubbliche; protezione del patrimonio informativo (contro spionaggio industriale, cyber attacchi, fuga di dati); influenza per orientare decisioni e descrizioni nei mercati e presso gli attori istituzionali.
Il sistema internazionale sta vivendo un periodo di instabilità e frammentazione. Alcuni elementi chiave che alimentano l’incertezza sono:
- la guerra su larga scala in Europa, con l’invasione russa dell’Ucraina;
- La crescente rivalità USA-Cina, che ha forti ripercussioni su commercio, tecnologia e finanza;
- La crisi del multilateralismo, con istituzioni internazionali spesso paralizzate o delegittimate;
- L’uso strumentale delle risorse energetiche e alimentari come leve di pressione politica;
- Il rischio crescente di cyber-attacchi e guerre ibride, che colpiscono infrastrutture critiche e sistemi economici.
In questo contesto, le imprese si trovano esposte a minacce asimmetriche che non derivano solo dai tradizionali rischi di mercato, ma anche da decisioni politiche, sanzioni, instabilità sociale e conflitti.
Nei Paesi con una visione avanzata dell’intelligence economica (come Francia, Stati Uniti e Cina), le istituzioni pubbliche collaborano attivamente con il settore privato. Si crea così un ecosistema di sicurezza economica e competitività nazionale. In altri contesti, l’intelligence economica è ancora vista come un’attività elitaria o legata esclusivamente alla sicurezza statale.
Le imprese, in particolare quelle che operano su scala internazionale, devono dotarsi di strutture interne o collaborare con partner esterni per l’elaborazione di scenari geopolitici, analisi di rischio-paese, valutazione delle catene di fornitura e gestione della reputazione.
L’intelligence economica deve affrontare diverse sfide: etica e legalità cioè come raccogliere informazioni in modo legittimo, senza cadere in pratiche illecite; sovraccarico informativo, ovvero distinguere il segnale dal rumore in un mare di dati; competenze cioè formare analisti in grado di integrare economia, geopolitica, tecnologia e comunicazione; cooperazione pubblico-privato, ovvero superare diffidenze e favorire la condivisione di conoscenze.
Nel medio e lungo periodo, l’intelligence economica si consoliderà come funzione chiave in ogni organizzazione complessa, divenendo parte integrante della gestione del rischio e della pianificazione strategica.
In un’epoca segnata da instabilità e grande incertezza, l’intelligence economica non è più un lusso, ma una necessità per le imprese. Essa rappresenta un ponte tra conoscenza e potere, tra analisi e azione. Stati e imprese che sapranno investirvi con visione e competenza saranno in grado non solo di resistere alle turbolenze globali, ma di trasformarle in opportunità per lo sviluppo.
*Professore di Politica economica e monetaria all’Università di Roma “La Sapienza”