Pubblicato sul quotidiano economico un intervento di Antonio Turturici che esprime alcune riflessioni scaturite dalla lettura dell’articolo apparso sul SOLE 24 ORE del 3 gennaio scorso dal titolo “RETRIBUZIONI. IN GRAN BRETAGNA FARO SUGLI STIPENDI DEI MANAGER” a firma di Nicol Degli Innocenti (Londra).
ANTONIO TURTURICI, UCID Padova – Laurea in Giurisprudenza, dirigente per oltre 20 anni nel Gruppo Sip, poi Telecom Italia, in ambito Personale/Organizzazione, Relazioni Industriali; Welfare. Già responsabile della rappresentanza sindacale dei Dirigenti Telecom in ambito Federmanager; oggi in pensione.
Alcune riflessioni sull’articolo pubblicato sul SOLE 24 ORE del 3 gennaio u.s. (testo integrale)
“Retribuzioni, in Gran Bretagna faro sugli stipendi dei manager”
Il Sole 24 Ore ha pubblicato un interessante articolo sull’entrata in vigore dal 1/1/2019 in Gran Bretagna, per le società quotate con almeno 250 dipendenti, di una legge che prevede l’obbligo di rivelare le strutture retributive e giustificare il gap tra la media delle retribuzioni dei dipendenti e le retribuzioni, bonus compresi, dei Top managers.
Con un breve inciso vorrei ricordare come in tutti i Paesi negli ultimi 20 anni si è assistito ad un progressivo rallentamento delle retribuzioni medie: per effetto della introduzione di nuove tecnologie produttive che abbattono il costo per unità di prodotto, per l’appiattimento verso il basso delle strutture organizzative aziendali con riduzione delle qualifiche contrattuali e perdita di meccanismi automatici di salvaguardia delle retribuzioni (ad es. i c.d. scatti di anzianità), per fenomeni di esternalizzazione di produzioni marginali rispetto al core business per dare maggior flessibilità al costo del lavoro, per effetto della concorrenza di Paesi emergenti a basso costo del lavoro. Per contro, sono aumentate a dismisura le retribuzioni, sia continuative (stipendi) che occasionali (bonus), dei Vertici delle aziende, i c.d. Top manager (Direttori, Amministratori Delegati, Presidenti): gli esempi di premi e stipendi da milioni di Euro/dollari/sterline sono innumerevoli!.
Vorrei citare il famoso rapporto 1 a 10 di Olivetti tra retribuzione dell’operaio e del Top, oggi siamo anche a 1 a 1500…e oltre!!
In particolare, ultimamente la stampa ha evidenziato come in Italia le retribuzioni medie siano cresciute negli ultimi anni, dalla grande crisi in poi, di circa un decimo rispetto a Francia e Germania, nostri riferimenti per dimensioni e fenomeni sociali in ambito Euro e UE.
Questa situazione, stigmatizzata ormai da tempo in tutti i contesti sia privati che pubblici, oggetto di diversi scritti e sollecitazioni, di programmi anche elettorali, di richiami alla necessità di invertire la tendenza di pagare sempre meno il lavoro, privilegiando altresì il premio alla speculazione finanziaria, non ha riscontri in azioni concrete.
Che fare?
La Gran Bretagna, Paese che per definizione con gli USA incarna il liberismo economico, pare essersi posta il problema, non di un intervento pubblico diretto nell’agire economico che spetta al privato, ma di un intervento nella sfera di propria competenza di indirizzo della politica economica a tutela della libertà dell’intraprendere, della dignità delle persone e del lavoro, dell’interesse, bene comune.
Con questa legge, mi pare, ci sia una prima, magari parziale, risposta che mira ad aumentare la responsabilità e la consapevolezza delle aziende nella definizione delle politiche salariali ed in particolare nella giustificazione delle retribuzioni dei Top, dove abbiamo spesso assistito alla beffa di fallimenti di piani industriali con Top manager però lautamente ricompensati per il “danno procurato” o, cosa per me ancor più vergognosa, di guadagni realizzati con la dismissione di posti di lavoro e riduzione del costo del lavoro, con precarizzazioni e/o demansionamenti etc..
La necessità di dare giustificazione, quindi trasparenza e pubblicità ai meccanismi di remunerazione, non è la panacea né la soluzione automatica delle ingiustizie che comunque rimarranno, ma senz’altro consente una più attenta e responsabile valutazione degli azionisti, degli investitori, dei lavoratori, e di tutti gli stake holders.
In fondo, oggi, la stragrande maggioranza delle imprese si vanta dei propri “valori”, “codici etici” e “bilanci sociali”: questa norma è semplice traduzione di concretezza degli enunciati riferimenti aziendali.
Infine, come socio UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), non posso non citare i precisi riferimenti della dottrina sociale ed i richiami sempre più pressanti di Papa Francesco per un orientamento concreto alla dignità della persona nel lavoro ed all’equità della remunerazione per una vita dignitosa, che non vuol dire appiattimento o disconoscimento del merito, ma consapevolezza del valore sociale dell’impresa per il bene comune.
Antonio Turturici, UCID Sezione di Padova