«Siamo di fronte a una situazione di emergenza, assistiamo a una rottura della legalità». Così Vartan Giacomelli, pubblico ministero del tribunale di Padova, intervenendo all’incontro mensile Ucid Padova dello scorso 27 febbraio, a tema “Etica e vantaggio competitivo”.
Nella sua analisi, Giacomelli ha spiegato come, di fatto, ci troviamo di fronte a una “perdita di senso” delle regole per il cittadino, che in molti casi non ne coglie più il valore di fondo, basato su un doppio riconoscimento: il riconoscimento del fatto che “obbedire alle regole è nel mio interesse” e il riconoscimento – indispensabile – del valore dello Stato come istituzione che garantisce tutti. Un presupposto che in molti casi oggi sembra essere “saltato”. Il pm ha rintracciato le ragioni di questa situazione difficile anche in una legislazione che nel nostro Paese è spesso ipertrofica, con regole confuse e con seri problemi dal punto vista dell’applicazione, tanto che in molte situazioni si ha la sensazione che i trasgressori possano godere dell’impunità e in altre che la regola non sia per l’uomo, bensì l’uomo per la regola.
Un problema già evidenziato con forza anche dalla nota pastorale della CEI del 1991 “Educare alla legalità” in cui si ribadiva la necessità di “meno leggi e più legge”, perché le regole, per essere accettate e universalmente riconosciute, devono essere chiare, generali ed efficaci.
Per uscire da questa situazione, ha spiegato Giacomelli, è fondamentale «partire da un impegno di conoscenza, recuperare una responsabilità che ci faccia uscire dalla dimensione individualista e la capacità di vedere dietro le regole la tutela di un valore comune». Giacomelli, che non si è sottratto rispetto al tema delle responsabilità di parte della magistratura nel contesto attuale, ha però messo in guardia dal rischio che il legittimo diritto di critica verso i comportamenti di singoli magistrati possa trasformarsi in un attacco generalizzato verso la magistratura, che può “minare” ulteriormente il rapporto fra cittadini e sistema di giustizia.
Nella seconda parte del suo intervento Giacomelli ha focalizzato l’analisisul tema – purtroppo più che mai attuale – della corruzione. La riflessione è partita dalla visione di un breve estratto del film Gomorra, che mostra un dialogo fra un imprenditore del settore dello smaltimento rifiuti affiliato alla camorra e un suo giovane “adepto” alle prese con una crisi di coscienza. «Nel tentativo dell’imprenditore di autoassolversi – ha spiegato il pm – c’è una delle dinamiche tipiche della corruzione: il corrotto in genere si presenta come una persona rispettabile e maschera il proprio rifiuto delle regole attraverso alibi che vorrebbero rimuovere il problema, spesso giustificandosi con il fatto “che siamo tutti sulla stessa barca” per cercare di minimizzare le proprie responsabilità».
In chiusura il consulente ecclesiastico don Marco Cagol ha ricordato come – non a caso – proprio la denuncia della corruzione sia uno dei temi più ricorrenti negli scritti e nei discorsi di papa Francesco: «Il pontefice – ha ricordato don Cagol – considera la corruzione un passo oltre il peccato, paragonandola a una malattia, perché si tratta di un comportamento pervasivo e continuativo e perché in genere chi la mette in pratica non avverte un rimorso».