Pubblichiamo qui di seguito una riflessione proposta da Federico Noventa, amico di Ucid Padova: un’occasione per guardare all’esempio di chi ha saputo coniugare fede e vita e resta testimone di un Veneto che non c’è più: gente che sa seminare, che aspetta con pazienza, che veglia lo sviluppo, da lontano.
di Federico Noventa
Da quasi 90 anni la rivista TIME indica una persona che ha inciso, in modo significativo sugli avvenimenti dell’anno. Nel 2015 il riconoscimento è stato assegnato alle prese di posizione e alle scelte della cancelliera Merkel. La motivazione fornita dal magazine fa riflettere: «I leader sono messi alla prova quando la gente non vuole seguirli. Per aver chiesto alla Germania più di quanto la maggior parte dei politici non avrebbe osato e aver offerto leadership morale risoluta in un mondo dove è scarsa». In un orizzonte completamente diverso, la redazione di Famiglia Cristiana ha individuato in Giovanna Cavazzoni, fondatrice del Vidas, un percorso di solidarietà vera e vissuta accanto agli ultimi, agli incurabili, ai malati terminali. Mi ha colpito la concomitante ricerca di una persona carismatica. A 85 anni, dopo aver assistito oltre 30.000 persone continua a chiedersi: “ IO cosa posso fare?” . Un altro esempio di singolo cui riesce di coagulare energie, forze, impegno sociale di tanti indicando una meta, un comune obiettivo. “Testimoni“, che possono orientare delle vite.
I primi giorni dell’anno servono anche a questo. Tirare le somme. Valutare il lavoro svolto. Fare dei bilanci, ad ogni livello. Per riflettere, su come e in che modo, migliorare, è il periodo più fecondo: i giornali, le riviste e i media divulgano storie, esperienze e situazioni che invitano all’impegno attivo.
Camminavamo lentamente, lungo le stradine in salita di Panicale, “qui ha comprato una famiglia di olandesi”, “qui ha comprato una coppia di americani”, “questo bel cancello è chiuso da un po’ di anni”; il paese è bellissimo, caratteristico, silenzioso; Bruno è una guida che indugia sui dettagli, sulle note di colore. Un “innamorato” contagioso; un cantastorie entusiasta che trasforma il paese in un palco raffinato ed esclusivo. Poco prima di Arrivare in fondo alla strada si ferma, “eccolo” dice. “Scusa ma dov’è?” ” Un’attimo di pazienza… ancora un attimo… che prendo le chiavi…e…”.
Un gioiellino da 70 posti strappato all’oblio. Ristrutturato con passione in due anni di lavori. Nei fine settimana, gli artigiani del paese, le imprese edili a conduzione familiare e i volontari di Bruno lavoravano insieme: per ridare al paese, che si stava spopolando, un progetto impregnato di futuro. Aver restaurato un piccolo cinema-teatro parrocchiale, chiuso dal 1943, usato per quasi 60 anni come ripostiglio, era il suo orgoglio. Facendo leva sull’esperienza utilizzava la tradizione veneta (i capolavori di Goldoni, Ruzante, Gallina) per trascinare sul palco amici e conoscenti girando piazze e circoli sociali alla ricerca di nuovi innamorati. Ogni chiacchierata con lui, diventava una miniera di aneddoti e di cultura popolare. Il “piccolo teatro” di Bruno era divenuto struttura di incontro e motore di rilancio per un paese che con la scuola di teatro e la compagnia amatoriale, tornava ad attrarre la gente che veniva anche da località vicine dell’Umbria.
In Veneto è stato direttore artistico del “5 archi”; tra i fondatori della Compagnia Tergola e, a Vigonza, sostenitore del recupero del Quirino de Giorgio. Ma è sull’attività dell’associazione TeatroeSogni che ha speso notti insonni, parole e iniziative per portare in molti centri minori dell’Alta padovana spettacoli e rappresentazioni per bambini e famiglie. Proponendosi agli insegnanti e dialogando con i Presidi; visionando, selezionando e assistendo compagnie e spettacoli come regista e organizzatore di rassegne che tanto lo avvicinavano al teatro civile della Musso, di Paolini, di Tognazzo; finiva per accostarsi ai lavori del primo Piumini, specificamente costruiti per i ragazzi. Diffondere cultura attraverso storie edificanti. Eroi con cui identificarsi. Modelli positivi da imitare.
Al momento dei saluti, ha voluto portarsi sul limitare del bosco, c’era una bellissima stellata, ma Bruno guardava fisso nel buio: “li vedi quelli alberelli, sono il segno che il bosco sta risalendo la collina: quelle pianticelle mi ricordano un Veneto che non c’è più: gente che sa seminare, che aspetta con pazienza , che veglia lo sviluppo, da lontano. Amo, all’alba, fare il giro del boschetto, cogliere i primi raggi del sole quando penetrano la coltre notturna; dal buio si staccano le sagome di queste esili piantine e finisco per riconoscerle”. “Mi pare di rivedere gli sguardi incantati dei bambini che vengono alle commedie, nei teatri dell’alta padovana: non importa che arrivino a manina con la Maestra o rincorrendo i compagni, mi emoziona vedere che si immedesimano in un personaggio, che sono pronti a salire sul palco per difenderlo, o proteggerlo”. “ Quando tutto questo succede, sento di avere ancora uno scopo nella vita.”. “Una causa per cui Io, Bruno Cavinato, posso spendere i miei ultimi giorni, fare la mia parte fino in fondo e lasciare un percorso a coloro che rappresentano il futuro dell’alta padovana”.