DIVERGENZE TRA LE POLITICHE MONETARIE DELLA BCE E DELLA FEDERAL RESERVE AMERICANA

Per la prima volta dal 2019, la Banca Centrale Europea (BCE) riduce i tassi di interesse. Come si legge nel comunicato stampa, “i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno ridotti rispettivamente al 4,25%, al 4,50% e al 3,75%, con effetto dal 12 giugno 2024″. Si tratta di un piccolo taglio di un quarto di punto.

Una riduzione attesa dall’Italia per gli effetti riduttivi sul costo del nostro elevato debito pubblico, sulle famiglie per i mutui a tasso variabile e sulle imprese che hanno un elevato quoziente di indebitamento come nel caso delle imprese di piccole e medie dimensioni. Nel 2024 il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo dovrebbe superare il 140%, e una riduzione di un quarto di punto del costo del debito determinerebbe un risparmio intorno ai 7 miliardi di euro.

Un altro aspetto va evidenziato con riferimento alle banche. La riduzione dei tassi, dovrebbe portare come conseguenza alla contrazione del margine di interesse delle banche e quindi dei profitti o extraprofitti. L’effetto lo abbiamo visto con le riduzione delle quotazione di borsa del settore bancario. Si tratta di aspetti controversi che avevano portato all’ipotesi di tassazione degli extraprofitti bancari da parte del Governo, poi rientrata. In ogni caso, il comportamento delle banche riguardante il margine di interesse va analizzato separatamente nella fase ascendente e in quella discendente del costo del denaro.   

La cautela nella riduzione dei tassi di policy viene giustificata dalla Presidente della BCE con il fatto che certamente l’inflazione nell’Unione Europea cala, ma rimane ad un livello che non è ancora vicino all’obiettivo del 2%. Ma c’è un’altra variabile che la BCE guarda, anche se non costituisce direttamente obiettivo della Banca Centrale, riguardando il tasso di cambio. Si tratta dei differenziali di interesse tra il dollaro e l’euro, già a favore della moneta americana prima dell’ultima decisione di riduzione da parte del Consiglio Direttivo. Poiché la Federal Reserve americana non ha variato i tassi di politica monetaria, tale differenziale si amplia ulteriormente e incide in modo negativo sul rapporto di cambio tra euro e dollaro. Infatti, il tasso di cambio della moneta europea si è deprezzato in pochi giorni scendendo da 1,09 a 1,07 dollari per euro, con una perdita di circa il 2%. Può aumentare pertanto l’inflazione importata e questo preoccupa la Presidente Lagarde. Ma andrebbe anche considerato l’effetto di un tasso di cambio dell’euro più debole rispetto al dollaro, per gli effetti positivi sulla competitività delle esportazioni europee. Questo è certamente utile per sostenere la bassa crescita dei Paesi dell’Unione, a partire dalla Germania.    

Qualche considerazione infine sulla decisione della Federal Reserve americana di lasciare invariati, nella decisione del 12 giugno, i tassi di interesse di policy. Si tratta delle spese federali che tengono sostenuta la domanda, la crescita dei salari orari e il buon andamento del mercato del lavoro. L’inflazione corre ad un tasso superiore al 3% e ciò giustificherebbe la politica prudente della Federal Reserve nell’abbassare i tassi di interesse.

Giovanni Scanagatta

Professore di Politica economica e monetaria all’Università “Sapienza” di Roma

 

Roma, 12 giugno 2024

Presentazione “E VEDREMO COSE MERAVIGLIOSE – Riflessioni controcorrente sull’educare oggi” Mercoledì 19 giugno 2024

Presentazione “E VEDREMO COSE MERAVIGLIOSE – Riflessioni controcorrente sull’educare oggi” Mercoledì 19 giugno 2024

Il 19 giugno si è tenuto un seminario formativo presso l’Osservatorio Ethos della Luiss.

Il centro dell’evento è stato l’interrogarsi su come riproporre la via dell’educazione assieme agli autori del libro “E vedremo cose meravigliose”.

Per noi l’”educazione” significa riportare al centro la persona con il suo mistero e le sue relazioni, riunendo la teoria con la pratica.

Ringraziamo Johnny Dotti e Padre Mario Aldegani, autori del libro, Luigi Mazza e Domenico Melidoro, responsabile Ethos nonché discussant dell’evento.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato!

In Memoria di Federico Grazioli

In Memoria di Federico Grazioli

Con profonda commozione, ricordiamo Federico Grazioli, un uomo di rara intelligenza, umanità e fede. Federico ci ha lasciato un’eredità di valori, passione e dedizione che continueranno a ispirarci.

Federico Grazioli è nato a Roma il 19 maggio 1931 e si è laureato in Giurisprudenza nel 1955. Fondatore e Amministratore Delegato di Agriconsulting, ha dedicato la sua vita allo sviluppo del settore agricolo, sia in Italia che all’estero, contribuendo alla crescita di oltre 70 paesi in Europa, Africa, America Latina e Asia.

La sua carriera brillante è stata accompagnata da un impegno costante nell’UCID, dove ha ricoperto ruoli di leadership e ha sempre promosso i principi della dottrina cristiana nel mondo del lavoro. Federico ha incarnato i valori di amicizia, onestà e disponibilità, diventando un esempio di integrità e compassione.

Federico era anche un uomo di famiglia, un marito, padre e nonno amorevole. La sua capacità di costruire relazioni profonde e sincere, la sua empatia e il suo senso dell’umorismo resteranno sempre nei nostri cuori.

La sua vita è stata un viaggio straordinario, segnato da una fede profonda e da un amore incondizionato per la natura, la montagna e il mare. Federico ha vissuto ogni momento con passione e curiosità, lasciandoci una testimonianza preziosa di come si possa essere al contempo un leader visionario e una persona di grande umanità.

Affidiamo il nostro caro Federico all’amore infinito di Dio, sicuri che verrà accolto nella casa del Padre celeste.

Federico Grazioli 1931 – 2024

Con affetto e gratitudine,

I Soci di UCID Roma

Giovedì Ucidino – 30 maggio 2024

Giovedì Ucidino – 30 maggio 2024

Il nostro “Giovedì Ucidino”!

Un appuntamento fisso per trascorrere del tempo di qualità insieme, coltivare i nostri legami e condividere gli obiettivi della nostra Associazione.

Giovedì 30 maggio ci siamo riuniti a Roma presso Jigger cocktail & food in via Mestre.

E tu cosa aspetti ad unirti a noi?

INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE, REDDITIVITA’, RISCHI

Di solito, quando si parla dell’internazionalizzazione delle imprese, si fa riferimento al fatturato esportato o, a livello generale, all’incidenza delle esportazioni di un Paese sulle esportazioni mondiali.

Le esportazioni italiane su quelle mondiali pesano per il 2,6% nel 2022, in aumento rispetto all’anno precedente con un peso del 2,4%. La quota italiana è seconda solo a quella tedesca, 6,6%, e superiore a quella di Francia, 2,5%, Regno Unito, 2,1%, e Spagna, 1,7%.

Ma le forme di internazionalizzazione vanno molto al di là delle esportazioni e comprendono gli accordi di collaborazione tecnica, produttiva, di ricerca e sviluppo con imprese estere, lo scambio di brevetti e licenze, i programmi di penetrazione commerciale, gli investimenti diretti esteri.

Le diverse forme di internazionalizzazione tendono a svilupparsi in mercati sempre più ampi e integrati. Naturalmente, con le sviluppo delle varie forme di internazionalizzazione delle imprese, tendono a modificarsi le strutture delle bilance dei pagamenti. Per esempio, invece di esportare verso un determinato Paese, possono crescere gli investimenti diretti con la produzione nello stesso Paese di beni per servire il mercato locale o mercati dell’area. Gli stessi beni prodotti possono originare importazioni dirette verso il nostro Paese. In questo modo tendono a diminuire le esportazioni e a crescere le importazioni, ma altre voci della bilancia dei pagamenti si modificano. Prima di tutto, la parte relativa ai movimenti di capitali attraverso gli investimenti diretti esteri e poi le partite correnti per i redditi di capitale. Anche la parte dei servizi delle partite correnti della bilancia dei pagamenti può cambiare perché alcune funzioni aziendali più elevate come il controllo, la finanza, le attività di ricerca e sviluppo e il marketing rimangono in casa, mentre le produzioni si svolgono all’estero. La parte dei servizi delle partite correnti della bilancia dei pagamenti può pertanto migliorare, compensando in tutto o in parte la diminuzione delle esportazioni. Nel lungo periodo non si può pertanto escludere l’equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti, ma con una struttura completamente diversa.

Alla luce della breve analisi svolta sopra, dobbiamo chiederci come si muovono il rendimento atteso e il rischio per le imprese che sono internazionalizzate solo con le esportazioni e quelle invece che lo sono con tutte le altre forme. L’evidenza empirica mostra che le imprese con forme di internazionalizzazione complesse beneficiano di una combinazione rendimento- rischio migliore, cioè di un rendimento atteso più alto e di un rischio più basso. Le imprese invece che sono internazionalizzate solo attraverso le esportazioni, hanno una combinazione rendimento-rischio peggiore: rendimento atteso basso e rischio alto. Il risultato può essere compreso solo pensando alla maggiore competitività raggiungibile attraverso la collaborazione con imprese estere nel campo delle attività di ricerca e sviluppo e nello scambio di brevetti e licenze.

La globalizzazione e l’accelerazione del progresso scientifico e tecnico hanno modificato profondamente gli scenari e la competizione a livello mondiale richiede sempre di più alle imprese di internazionalizzarsi e non solo di esportare, e di entrare in nuovi mercati e in nuove aree. Da questo punto di vista, diventa sempre meno fondamentale la quota delle esportazioni sul totale mondiale e più importante la quota di mercato mondiale controllata dalle imprese nei diversi settori, indipendentemente dai luoghi in cui si produce in relazione alle convenienze relative e ai mercati da servire. Nella misura in cui ciò avviene, non possiamo parlare di deindustrializzazione, ma di una diversa presenza delle nostre imprese, in relazione ai nuovi modi di competere in mercati globalizzati.

Rispetto a tali tendenze, è doveroso accennare alla questione delle crescenti difficoltà di gestire le catene del valore a livello mondiale in presenza di pandemie e soprattutto di guerre, come stiamo purtroppo sperimentando. In tali scenari, aumenta la propensione al reshoring, riportando a casa produzioni in precedenza delocalizzate.

Giovanni Scanagatta

Professore di Politica economica e monetaria all’Università “Sapienza” di Roma

 

Roma, 25 maggio 2024