“La Presidenza Trump e il futuro delle criptovalute” di Giovanni Scanagatta
Dopo l’elezione di Donald Trump a nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, il dollaro si è notevolmente rafforzato rispetto all’euro di oltre il 5% e l’oro è sceso dalle punte che aveva toccato prima delle elezioni, con una perdita analoga.
Si conferma pertanto la relazione negativa tra il tasso di cambio del dollaro e il prezzo dell’oro, tenuto anche conto che nel frattempo la Federal reserve americana ha abbassato i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale. L’oro non dà cedole e quando diminuiscono i tassi di interesse tende a ridursi il suo prezzo. Ma la diminuzione del prezzo dell’oro tende anche ad indicare che c’è un’aspettativa, con la nuova presidenza, di un rientro dei rischi geopolotici e geoconomici, a a partire dalle guerre in corso. Il prezzo dell’oro, bene rifugio per eccellenza, aumenta infatti in caso di guerre, epidemie, crisi finanziarie internazionali, creazione di una nuova moneta e altri eventi straordinari (variabili entelechiane).
Mentre l’oro arretra, le criptovalute stanno mostrando delle performance eccezionali, a partire dalla più conosciuta: il Bitcoin.
La criptovaluta è una moneta particolare per la regolazione degli scambi. La moneta tradizionale si caratterizza per costi nulli di commerciabilità, certezza del valore nominale, incertezza del valore reale, certezza del reddito con rendimento nullo. La criptovaluta ha costi di transazione bassissimi, non ha la certezza del valore nominale perché il suo valore cambia, può presentare certezza del valore reale perché difende dall’inflazione come bene rifugio, analogamente all’oro, ha un rendimento in relazione al valore che cambia. Pertanto, la criptovaluta più che una moneta vera e propria è un asset il cui valore nominale muta generando guadagni e perdite. Essa pertanto può essere paragonata all’oro: l’oro dell’era digitale in cui siamo entrati. Le criptovalute, o almeno la maggior parte di esse, sono pensate per introdurre nel sistema nuove unità di moneta, ma con dei limiti quantitativi imposti per evitare inflazione e per aumentare il loro valore. Nel caso del Bitcoin, ad esempio, l’attività di mining si interromperà quando saranno raggiunte 21 milioni di unità.
Il livello attuale dei prezzi dei Bitcoin è vicino ai 90 mila dollari per un Bitcoin, con un aumento in un anno superiore al 100%. L’esame grafico indica per il Bitcoin un livello di resistenza vicino ai 100 mila dollari e uno di supporto di circa 78 mila dollari. Ma anche le altre criptovalute stanno mostrando delle performance eccezionali, come Ethereum e Ripple, con prezzi attuali di 3084 dollari e di 0,801 dollari rispettivamente. Il livello di resistenza di Ethereum viene indicato superiore del 12% rispetto al prezzo attuale e quello di Ripple del 7%.
Il valore in tempo reale di una valuta digitale come il valore Ethereum e il valore Ripple viene deciso dall’equilibrio fra i compratori e i venditori sugli scambi. Quando più persone comprano una moneta piuttosto che venderla, il suo prezzo cresce, e quando più persone vendono piuttosto che comprare, il suo prezzo scende. I costi di transazione sono bassissimi rispetto alle altre forme di pagamento.
Questi andamenti riflettono senz’altro la posizione più favorevole di Trump nei confronti delle cripovalute rispetto a Biden. Dal giorno delle elezioni americane, Bitcoin ha realizzato un guadagno del 35%. Alcuni sostengono che l’eccezionale performance delle criptovalute è dovuta all’idea che Trump rimuova molti ostacoli regolamentari e persino dia seguito alla promessa di costituire una riserva federale in Bitcoin. Anche se quest’ultima aspettativa appaia esagerata, non vi è dubbio che la nuova presidenza sarà molto aperta nei confronti della diffusione delle monete private decentrate come sono le cripovalute.
Il monopolio della creazione della moneta e della politica monetaria in capo ad un’unica istituzione del tutto indipendente dal governo non è desiderabile nella visione del nuovo presidente rispetto alle politiche monetarie discrezionali dell’attuale Federal reserve. Lo vedremo certamente in occasione delle mosse della Federal reserve nel prossimo anno con riferimento alla velocità di riduzione dei tassi di interesse. Per intaccare l’enorme deficit commerciale con l’estero degli Stati Uniti e per ridurre il peso per interessi del grande debito pubblico americano, Trump sarà favorevole a significative riduzioni dei tassi interesse, mentre il presidente della Federal reserve potrebbe frenare la manovra in relazione all’andamento tasso di inflazione.
La visione favorevole della nuova presidenza americana nei confronti delle criptovalute e quindi della privatizzazione della moneta riflette certamente il pensiero liberale per eliminare la discrezionalità della politica monetaria, in linea con il pensiero di Hayek, Friedman e Brunner. Il premio Nobel per l’economia, Milton Friedman, riteneva che l’offerta di moneta non dovesse dipendere dalle scelte discrezionali di una banca centrale ma dovesse crescere ad un tasso costante. Analoga posizione discende dal monetarismo fiscale di Karl Bruner, con un tasso di crescita della moneta predeterminato all’interno di una fascia di variazione.
Sul piano storico, sembrano realizzarsi i corsi e i ricorsi storici di vichiana memoria. Nel 1800 esisteva la pluralità delle banche di emissione, secondo un principio di tipo concorrenziale. Nel 1900 si passa al monopolio della creazione della moneta e della politica monetaria in capo ad un’unica istituzione: la banca centrale. Con le criptovalute si ritorna ad una visione concorrenziale, decentrata e privatistica della moneta. Attualmente le criptovalute sono più di 2 mila.
Giovanni Scanagatta
Professore di politica economica e monetaria all’Università di Roma “La Sapienza”
Roma, 19 novembre 2024