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Riflessioni su Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco

Innanzitutto sono riconoscente a Papa Francesco per il dono di questa Enciclica “Fratelli tutti”, focalizzata sulla “fraternità e amicizia sociale”, che ci fa capire la situazione in cui viviamo ma specialmente il modo con cui migliorarla.

Anche per questa enciclica Papa Francesco si ispira in particolare alle opere di San Francesco verso i poveri e gli emarginati, come per la precedente enciclica “Laudato si” nei confronti della natura, seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo, con particolare riguardo alla parabola del “buon samaritano”.

L’ enciclica inizia evidenziando le attuali “ombre di un mondo chiuso che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale (Par. 9), riguardanti “le ideologie di diversi colori,..la mancanza di speranza,… gli sprechi,…la mancanza di figli,…il razzismo,…regole economiche per la crescita ma non per lo sviluppo umano integrale,..diritti umani non sufficientemente universali (donne, schiavitù),…guerre, conflitti, muri anziché incontri,…pandemie e mancata tutela dell’ambiente,…migrazioni,…apparenza di  socievolezza dei rapporti digitali anziché amicizia, fanatismi, incapacità di ascolto,..prevaricazione Paesi forti su Paesi poco sviluppati,…speculazione finanziaria,..asservimento dei media ai potenti. (Par. da 10 a 53)

“Malgrado queste dense ombre”..il Papa “desidera dare voce a tanti percorsi di speranza” (Par 54) che già esistono e che, anche attraverso le “buone pratiche” (Par.177), servono a “pensare e generare un nuovo mondo aperto” (Titolo Cap. Terzo), che persegua la “carità” attraverso i due principi inseparabili della “solidarietà” e “sussidiarietà” (Par. 187)

Infatti “l’affermazione che come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle… ci pone una serie di sfide che ci muovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove proposte” (Par.128)

Ovviamente non ho la pretesa né di sintetizzare i contenuti della enciclica, anche perché questo è già stato fatto nella “guida alla lettura” iniziale, né di fare delle valutazioni di merito sulla stessa, ma mi ripropongo solo di evidenziare alcune riflessioni per cercare di capire come questo nuovo mondo potrebbe essere realizzato ed in questo modo cercare di sostenere la validità della stessa enciclica.

 

LE MODALITA’

Come primo passo, seguendo la successione dei diversi capitoli, ho cercato di individuare le modalità che l’Enciclica invita a  seguire, evidenziando i passaggi che ritengo maggiormente significativi per rappresentare con le parole del Papa le “nuove prospettive e proposte”, suffragate dai “percorsi di speranza” indicati dalla stessa enciclica. Questi passaggi, che ho integrato con esempi di “buone pratiche” riscontrabili nella realtà, sono riportati in corsivo con riferimento ai paragrafi che li contengono, segnalando anche altri paragrafi consultabili sugli stessi temi. Le modalità sono state raggruppate per i singoli soggetti chiamati a seguirle, attraverso i principi di “solidarietà” e “sussidiarietà”, identificabili in: singole persone, imprenditori, politici e comunità.

 

Le singole persone sono invitate, secondo le “nuove prospettive e proposte”, a perseguire la “solidarietà” nei confronti dei poveri sofferenti, ad imitazione del buon samaritano, senza limitarsi al prossimo vicino ma estendendola a tutti gli uomini come “cittadini del nostro paese e del mondo” e mirando alla “ricostruzione di un nuovo ordine politico e sociale”(Par. 66). Però non “da soli, individualmente”, essendo consapevoli che questa solidarietà è più efficace se realizzata insieme ad altri, in quanto anche il samaritano “cercò un affittacamere” (Par. 78) e lo ricompensò con ”due denari”(Par. 56). (V. anche Par. 59, 77, 80, 86).

Come “percorsi di speranza” vengono segnalati dalla enciclica gli esempi di coloro che nella “recente pandemia” hanno dato“il dono della vita”, oltre a coloro che “lavorano per fornire servizi essenziali e sicurezza”, compresi i “volontari, sacerdoti, religiose” (Par. 54). Credo quindi siano anche significativi come “buone pratiche” tutti gli aiuti, materiali o in denaro, che i singoli volontariamente destinano ai bisognosi, prossimi e lontani, colpiti da questa e altre calamità, come inondazioni o terremoti, sia direttamente, come il buon samaritano, sia indirettamente tramite le tasse alle Istituzioni ed i contributi alle organizzazioni caritative. Tra queste organizzazioni ha un  ruolo rilevante la Caritas che, a livello nazionale e internazionale, integra gli interventi pubblici di emergenza effettuati dai politici tramite le Istituzioni (es. protezione civile, sistema sanitario, forze dell’ordine, vigili del fuoco), specialmente nei confronti delle persone bisognose che le stesse Istituzioni non riescono a raggiungere.

 

Gli imprenditori, dei quali la enciclica riconosce la “nobile vocazione, orientata a produrre ricchezza e migliorare il mondo per tutti”(Par.123), sono invitati a realizzare la “solidarietà” secondo le seguenti “prospettive e proposte”.

– Innanzitutto essi, secondo il “principio della destinazione universale dei beni creati” (Par. 120), devono “fare crescere i beni e aumentare la ricchezza”, da mettere però a disposizione di tutti, specialmente per il “superamento della miseria” attraverso la “creazione di opportunità di lavoro” (Par. 123), in quanto “aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze”(Par. 162).

A questo riguardo si può ritenere che i “percorsi di speranza” vengano realizzati dalle imprese che producono beni e servizi indispensabili per soddisfare i bisogni di tutti i soggetti (persone, comunità, istituzioni e gli stessi imprenditori) per lo svolgimento delle loro attività. Per farlo queste imprese possono seguire delle “buone pratiche” che creano ricchezza e non la distruggono con le perdite, per un principio di sana gestione che persegue la così detta sostenibilità economica. In questo modo si evita che le persone e le comunità, con i loro risparmi, e le istituzioni, con la spesa pubblica finanziata attraverso le tasse, debbano coprire queste perdite, riducendo le loro risorse che altrimenti potrebbero essere destinate ad atti di solidarietà. Inoltre le imprese devono creare lavoro, anche se possono effettuare degli interventi caritativi, in modo da combattere effettivamente la miseria, senza approfittare di questa miseria per sfruttare i lavoratori dei territori dove sono localizzati i siti produttivi, ma realizzando investimenti duraturi che perseguono la solidarietà attraverso lo sviluppo economico. In effetti la delocalizzazione produttiva dai paesi sviluppati in quelli in via di sviluppo e poveri, conseguente alla mondializzazione della economia, ove effettuata in logica di investimento e non predatoria, ha incrementato il patrimonio di conoscenze di molti lavoratori e quindi la possibilità di migliorare il loro livello di vita. Lo dimostrano molti casi, che stanno aumentando a mano a mano che cresce la consapevolezza, anche per la presa di posizione di molti economisti d’impresa in tale senso, che c’è un vantaggio per le imprese e per i soggetti coinvolti (gli stakeholder) dalla creazione di valore economico in seguito a questi investimenti. Mi limiterò a citare il caso del fondatore della Microsoft, per i benefici apportati al lavoro di moltissime persone dalle innovazioni informatiche della sua azienda, oltre che per le attività filantropiche a livello mondiale nel campo della sanità, dei cambiamenti climatici, dell’istruzione e dello sviluppo. Inoltre, tra i casi positivi divulgati dalla UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti), segnalo quello dei Responsabili della Ariston, che hanno stabilito degli accordi con le comunità dei loro siti produttivi per la valorizzazione e la tutela del territorio, ed in particolare per la applicazione anche ai lavoratori degli stabilimenti situati nei paesi extracomunitari delle stesse condizioni contrattuali che tutelano i lavoratori negli stabilimenti italiani, anche se più favorevoli di quanto stabilito dalle leggi locali.

– In secondo luogo gli imprenditori sono chiamati a rispettare “i diritti dei popoli”, la “dignità dei poveri” e “l’ambiente”, che sono “al di sopra della libertà d’impresa e di mercato” (Par. 122), a sviluppare “un’economia più attenta ai principi etici” (Par. 170) ed a “dare ad ognuno il suo”.(Par. 171).

I “percorsi di speranza” che si possono individuare riguardano gli imprenditori che gestiscono le loro imprese secondo principi etici, favorendo la creazione di maggiore ricchezza per se e per tutti i soggetti che sono coinvolti dalle stesse imprese (i così detti stakeholder). Per farlo gli imprenditori possono seguire delle “buone pratiche” mirate a realizzare ulteriore valore economico condiviso (Shared value) tra le imprese ed i loro stakeholder, perseguendo la così detta sostenibilità sociale e ambientale, oltre a quella economica prima evidenziata, come sostenuto anche da un numero crescente di economisti d’impresa e dalla evoluzione legislativa in tale senso da parte delle istituzioni nazionali e specialmente europee. Ciò avviene in particolare valorizzando e compensando equamente secondo contratto i dipendenti, rispettando gli accordi con i fornitori, chiedendo ai clienti prezzi in linea con la qualità dei beni forniti, ma anche contribuendo tramite le tasse alla copertura dei costi delle prestazioni fornite dalle Istituzioni ed infine rispettando l’ambiente e salvaguardando le risorse naturali, anche per le future generazioni. A questo riguardo si può ricordare il famoso caso storico della Olivetti per l’attenzione ai suoi dipendenti ed al territorio. Nel presente si possono citare altri casi di imprese, gestite da imprenditori e dirigenti responsabili, anche essi divulgati dalla UCID, come quello del Gruppo Chiesi, dove vengono in particolare tutelate le donne, che costituiscono circa il 52% dei dipendenti, della Coelmo, per la valorizzazione delle capacità dei dipendenti, e della IREN, per la tutela dell’ambiente. Inoltre, seguendo questi principi etici, aumenta anche la possibilità di partecipazione alla attività aziendale da parte dei lavoratori e di altri soggetti coinvolti (gli stakeholder), in linea con il principio di “sussidiarietà”. Lo dimostrano le esperienze di cogestione attuate da molte imprese tedesche, ispirate alla economia sociale di mercato, ed il sempre maggiore coinvolgimento di tutti gli stakeholder nelle attività delle imprese con una gestione volta al bene comune, sulla base dei contratti con alcuni (es. dipendenti, clienti, fornitori) o accordi con altri (es. comunità del territorio), anche andando se necessario oltre il rispetto delle leggi emanate dalle Istituzioni. Da segnalare infine il recente Patto di Assisi con giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti di azienda, promosso da Papa Francesco per la individuazione della nuova Economy of Francesco, ispirata anche da questa enciclica, attraverso gli approfondimenti su 12 tematiche, che riguardano anche la micro economia delle imprese.

 

I politici, la cui funzione, svolta attraverso le istituzioni pubbliche, deve essere rivalutata come “altissima vocazione”, in quanto “è una delle forme più preziose della Carità, perché ricerca il bene comune” (Par. 180), come si può dedurre anche dal notevole spazio loro riservato nella enciclica, che comporta quindi anche la segnalazione di molti passaggi della stessa enciclica

– Con le risorse rese disponibili per le Istituzioni dalle tasse corrisposte dalle persone e imprese, i politici vengono innanzitutto chiamati a perseguire la “solidarietà “che, con le parole della enciclica “ è molto di più che alcuni atti di generosità sporadici” in quanto occorre “agire contro le cause strutturali della povertà: lavoro, terra, casa, e diritti”(Par. 116), anche per “evitare le migrazioni” (Par. 129). E’ importante applicare il “concetto della piena cittadinanza, che si basa sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri”(Par. 131). “Da una parte…si richiede di sviluppare l’economia, facendo fruttare le potenzialità di ogni regione e assicurando così un’equità sostenibile…Dall’altra i piani assistenziali che…si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie” (Par. 161). A tale scopo “è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente”(Par. 165), in quanto “il mercato non risolve tutto…Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale, perché sia possibile aumentare i posti di lavoro”, evitando le “speculazioni finanziarie”….D’altra parte, senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica(Par. 168). Occorre “una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche” (Par. 177), anche per “ favorire la creazione di quel bel poliedro dove tutti trovano un posto”(Par. 190) (V. anche Par. 124, 126, 162, 164, 186, 188, 189, 196, 197)

Come “percorso di speranza” viene evidenziata la piena integrazione degli immigrati europei ed in particolare italiani avvenuta ad es. negli  Stati Uniti d’America (USA) e in Argentina attraverso il riconoscimento della “cittadinanza”, in quanto, come ricorda l’enciclica “gli immigrati, se li si aiuta ad integrarsi, sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che aiuta una società a crescere” (Par. 135). Relativamente alle “buone pratiche”, da segnalare che il diritto di cittadinanza esiste solo all’interno degli stati nazionali e consente di norma alla popolazione di usufruire delle tre classiche funzioni pubbliche individuate dal Musgrave: la funzione allocativa dei servizi pubblici per tutti (es. scuola, sanità, previdenza, cioè welfare), quella distributiva dei redditi, a favore dei più poveri, ed infine quella di stabilizzazione, per il controllo della inflazione ma anche per il contrasto a situazioni di crisi attraverso investimenti pubblici. Questo diritto è presente negli Stati democratici come quelli europei, dove la popolazione, dopo molteplici lotte, ha potuto approvare costituzioni che, attraverso un patto sociale, assicurano ai cittadini il diritto usufruire di queste prestazioni pubbliche, a fronte di doveri, tra i quali la corresponsione alle Istituzioni di tasse proporzionali ai redditi. Ma anche nelle federazioni di Stati, come ad es. quella degli USA, le popolazioni degli Stati membri hanno analoghi diritti e doveri, anche se distribuiti tra il livello nazionale e quello federale per la esistenza di una doppia cittadinanza, nazionale e sovranazionale, garantita da una Costituzione Federale. Invece nella Unione Europea, dove manca una costituzione federale che riconosca una completa cittadinanza europea, la solidarietà tra Stati si realizza di volta in volta solo se ci sono decisioni unanimi degli stati membri,  come dimostra la recente approvazione degli aiuti economici del Next Generation EU per contrastare gli effetti della emergenza coronavirus, condizionata appunto dal diritto di veto degli Stati. Infine, nel caso di Stati senza legami istituzionali tra di loro, anche se membri delle Nazioni Unite, vale solo la solidarietà volontaria di ogni Stato, specialmente per aiuti in situazioni di emergenza: es. terremoti, inondazioni, guerre. Ricordo a questo proposito il Piano Marshall che gli USA realizzarono dopo la seconda guerra mondiale per aiutare gli stati dell’Europa Occidentale a risollevarsi dalla povertà, avendo però anche loro dei vantaggi, in quanto assicurarono l’occupazione ai loro soldati di ritorno dal fronte, finanziarono gli aiuti con nuova moneta che restò in Europa per i pagamenti internazionali, senza causare inflazione o nuove tasse per gli USA, ed evitarono che i paesi dell’Europa Occidentale finissero sotto l’influenza dell’Unione Sovietica (metodo da tenere presente per un eventuale Piano Marshall Europeo per l’Africa). Da segnalare infine ancora il già citato Patto di Assisi con giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti di azienda, promosso da Papa Francesco per la individuazione della nuova Economy of Francesco, ispirata anche da questa enciclica, attraverso gli approfondimenti su 12 tematiche che riguardano anche la macro economia relativa alle politiche economiche delle Istituzioni pubbliche.

– In secondo luogo i politici vengono invitati a perseguire la “sussidiarietà”, che “garantisce la partecipazione e l’azione delle comunità e organizzazioni di livello minore” (Par. 175), con modalità differenziate tra le due dimensioni  in cui viene usualmente distinta: orizzontale e verticale,

* Per quanto riguarda la “sussidiarietà” orizzontale, che tutela la autonomia ed il ruolo dei corpi intermedi che rappresentano le singole persone, la comunità e le imprese, le “prospettive e proposte” invitano i politici a salvaguardare il “governo del popolo” attraverso la “democrazia” (Par. 157), dando spazio alla “partecipazione sociale, politica ed economica in modalità tali che includano movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali.(Par. 169). “Quello che occorre è che ci siano diversi canali di espressione e di partecipazione sociale. L’educazione è al servizio di questo cammino” (Par. 187) .

Relativamente ai “percorsi di speranza” l’enciclica ribadisce l’importanza dei “movimenti popolari che aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano facilmente nei canali già stabiliti. In realtà, essi danno vita a varie forme di economia popolare e di produzione comunitaria” (Par. 169) Al riguardo credo che come “buone pratiche” si possono annoverare le ONG (Organizzazioni non governative), ricordando che l’ONU attraverso l’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite) può accreditare le ONG (attualmente sono 5451) per assumere uno status consultivo che consenta loro di partecipare a conferenze ed eventi internazionali, organizzare eventi, fare rete e lobby. Da parte sua la UE demanda alle ONG diversi aiuti umanitari per lo sviluppo, l’ambiente, la ricerca e innovazione, finanziandoli tramite il fondo sociale europeo. Possono inoltre essere considerate le organizzazioni che rappresentano la società civile riconosciute negli Stati o Federazioni democratiche, ed in particolare la Chiesa Cattolica per la importante funzione sociale che svolge. Per quanto riguarda la “partecipazione sociale, politica ed economica” ad ogni livello di queste organizzazioni, come richiesto dalla enciclica, le esperienze positive si ritrovano sempre nelle istituzioni democratiche, sia nazionali che sovranazionali, come le federazioni, esistenti prevalentemente nei paesi occidentali.

* Per la “sussidiarietà verticale” i poteri e le risorse vengono assegnati ai diversi livelli di governo della società, differenziandoli sulla base della possibilità di risolvere i problemi da parte di ogni livello e privilegiando quelli più vicini ai cittadini. A tale riguardo l’enciclica ritiene che:

  • Per la promozione dello sviluppo sostenibile a livello internazionale, “In un mondo interconnesso per la globalizzazione abbiamo bisogno che un ordinamento mondiale giuridico, politico ed economico che incrementi e orienti la collaborazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli”(Par. 138). Si forma così un “poliedro”, dove si ribadisce che “il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma”(Par. 145). In particolare “per i Paesi piccoli o poveri si apre la possibilità di raggiungere accordi regionali con i vicini, che permettono loro di trattare in blocco”. Infatti “Oggi nessun o Stato nazionale isolato è in grado di assicurare il bene comune della propria popolazione”(Par. 153). Diventa così “indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate,… dotate del potere di sanzionare” A tale scopo “si dovrebbe prevedere di dare vita a organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa certa dei diritti umani universali“(Par. 172). Si devono costruire “comunità nei diversi livelli della vita sociale, in ordine a riequilibrare e riorientare la globalizzazione”(Par. 182). (V. anche Par.141, 146, 149, 151, 171, 173)
  • Per assicurare la pace ed evitare le guerre, dato che “la pace reale e duratura è possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana” (Par.. 127). A tale fine “Si deve sostenere l’esigenza di tenere fede agli impegni sottoscritti …. Ciò richiede di potenziare gli strumenti normativi per la soluzione pacifica delle controversie”…tra i quali “vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli Stati” rispetto a quelli “bilaterali”(Par. 174). In particolare, “Poiché si stanno ricreando nuovamente le condizioni per la proliferazione di guerre” che sono la  “negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente… Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti…bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato , come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale” (Par.257). Viene constatato che“Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è il fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male” (Par.261). In particolare, riprendendo anche quanto già sostenuto da Papa Paolo VI nella enciclica Populorum Progressio” La crescente interdipendenza e la globalizzazione significano che qualunque risposta diamo alla minaccia delle armi nucleari, essa debba essere collettiva e concertata…. e con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri(Par. 262). (V. anche Par. 258, 259)

Come “percorsi di speranza” vengono citate le Nazioni Unite (ONU), il cui “compito .…a partire dai postulati del preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale , può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto”. Ma “ Occorre evitare che questa organizzazione sia delegittimata, perché i suoi problemi e le sue carenze possono essere affrontati e risolti congiuntamente” (Par. 173). La richiesta di riforma dell’ONU è motivata in quanto, anche se ne fanno parte 193 Stati, le decisioni più importanti sono prese dal Consiglio di Sicurezza formato da 5 Stati membri permanenti, che hanno il diritto di veto, e da 10 Stati membri non permanenti, per cui l’ONU non è una organizzazione democratica in cui decide la maggioranza di tutti gli Stati. Inoltre l’ONU non ha poteri e risorse proprie necessari per assicurare autonomamente  uno sviluppo sostenibile e la pace a livello mondiale, né per sanzionare i paesi che non si adeguano alle sue decisioni. Si citano poi le esperienze di altre Unioni di Stati, anche esse da perfezionare “Per esempio, si è sviluppato il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita. Ricordiamo la ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Ugualmente ha preso forza l’aspirazione ad un’integrazione latinoamericana e si è cominciato a fare alcuni passi. In altri Paesi e regioni vi sono stati tentativi di pacificazione  e avvicinamento che hanno portato frutti e altri che apparivano promettenti” (Par. 10) Come “buone pratiche” da tenere presente che già nel passato eminenti pensatori (ad es. l’Abate di Saint –Pierre, Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant) avevano ritenuto che solo delle organizzazioni politiche superiori agli Stati sarebbero avrebbero assicurato la pace perpetua e non solo una tregua precaria, ma erano stati considerati dei visionari. Così anche gli “accordi bilaterali” o “multilaterali” tra gli Stati auspicati dalla enciclica sono utili, come per la UE, ma è opportuno vengano trasformati in strutture di pace più forti. In tale senso, tra i tentativi che hanno portato buoni frutti duraturi, si possono annoverare le Federazioni Democratiche di Stati già esistenti, come gli USA, che, dopo avere superato anche la esperienza negativa della Guerra di Secessione, che però ha portato ad emendare la Costituzione federale per la abolizione della schiavitù, hanno assicurato alle popolazioni dei 50 stati membri la pace e lo sviluppo al loro interno sino ai giorni nostri. In queste federazioni infatti, come già detto, esiste una Costituzione federale che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, ha lasciato ai singoli Stati la sovranità sulle materie da loro meglio gestibili e accentrato a livello federale quelle meglio gestibili a quel livello, con relativa distribuzione delle risorse provenienti da tassazione, sempre tra i due livelli (il cosi detto federalismo fiscale). In questo modo si possono anche rendere più efficienti ed efficaci le istituzioni pubbliche, come richiesto dalla enciclica, anche per migliorare la qualità dei servizi forniti ai cittadini, utilizzando bene le risorse provenienti dalle tasse corrisposte dagli stessi cittadini. Ad esempio, negli USA sono state accentrate a livello federale le competenze sulla difesa, politica estera, economia e moneta, sia per dare maggiore forza alla Unione sia come deterrente per evitare conflitti tra gli Stati membri, lasciando ai singoli Stati le altre competenze. Analoghe esperienze positive si ritrovano in altre federazioni di Stati, come ad es. Canada, Australia, Svizzera, Brasile e Germania, anche se con qualche differenza. Se ne può dedurre che anche l’ONU potrebbe essere maggiormente in grado di svolgere la funzione di promotore e garante della pace e dello sviluppo sostenibile a livello mondiale, se superasse i limiti prima descritti ispirandosi al modello federale. Inoltre, seguendo anche le indicazioni della enciclica, gli Stati minori potrebbero costituire delle Unioni Regionali che sarebbero rappresentate in sede ONU e avrebbero così un peso analogo a quello dei grandi Stati, favorendo anche al loro interno un maggiore sviluppo sostenibile e la pace. Anche la Unione Europea (UE) ha promosso lo sviluppo economico, soprattutto attraverso la formazione di un mercato e di una moneta unica, ed ha assicurato comunque la pace ai paesi membri per quasi 70 anni, dopo aver messo in comune sotto un’autorità unica la produzione del Carbone e dell’Acciaio (con il trattato della CECA del 1951), che era di norma all’origine dei conflitti franco-tedeschi. La UE però, come già segnalato, non ha le competenze e le risorse per gestire al suo livello tutte le materie importanti a lei delegabili, che restano agli stati membri. Inoltre la UE non è nemmeno del tutto democratica in quanto il Parlamento, anche se eletto dai cittadini europei, non esercita il potere legislativo sulla materie più importanti, come già dimostrato in occasione della recente decisione sugli aiuti economici agli stati membri del Next generation EU, ricordando infatti che la sua approvazione ha avuto bisogno della decisione all’unanimità degli stati membri. Per altro la carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei, riconosciuta dal trattato vigente di Lisbona, sancisce i valori che accomunano i cittadini degli Stati membri della UE e che garantiscono i diritti dell’uomo ed è quindi un embrione di Costituzione della UE. Di conseguenza sarebbe importante il perfezionamento della Unione Europea per farla diventare una vera federazione democratica di Stati, come anche sostenuto da molti europeisti ed in particolare dal MFE (Movimento Federalista Europeo), sia per la maggiore possibilità di assicurare lo sviluppo sostenibile e la pace al suo interno, sia per il contributo che potrebbe dare al suo esterno come aiuto ai paesi poveri (anche tramite interventi simili al Piano Marshall già segnalato). Inoltre in questo modo la UE potrebbe costituire un esempio per la diffusione nel mondo di analoghe federazioni regionali, anche in vista della auspicata riforma dell’ONU. Si pensi infatti alla importanza di avere come membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU i rappresentanti di Unioni Regionali (a partire dalla UE), anziché gli attuali cinque rappresentanti degli stati ritenuti vincitori della ultima guerra mondiale (Cina, Russia, Stati Uniti, Francia, Regno Unito), che possono fare prevalere i loro interessi nazionali.

 

Infine la comunità è invitata a realizzare la “solidarietà” attraverso la “amicizia sociale” e “l’artigianato della pace”, seguendo le seguenti “prospettive e proposte”

– Innanzitutto è necessaria l’amicizia sociale, in quanto “ l’amore per l’altro implica ..qualcosa di più che una serie di azioni benefiche..ma ci spinge a cercare il meglio per la sua vita…rendendo possibile l’amicizia sociale” (Par. 94). In particolare “La mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune” (Par. 202). E ancora “L’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro”(Par. 203).” L’incontro…è uno stile di vita che tende a formare quel poliedro…che rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda” (Par. 215).”La pace sociale è laboriosa, artigianale…Quello che conta è avviare processi di incontro …che possono costruire un popolo capace di raccogliere le differenze”(Par. 217), dando “vita ad un patto sociale” (Par. 218), il quale “per essere realistico e inclusivo deve essere anche un patto culturale che rispetti e assuma le diverse visioni del mondo, le culture e gli stili di vita che coesistono nella società”(Par. 219). Un “principio indispensabile per costruire l’amicizia sociale” è che “l’unità è superiore al conflitto”(Par. 245) (V. anche Par. 99, 220, 221)

– In secondo luogo c’è bisogno di un artigianato della pace, considerando che “In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare ferite, c’è bisogno di artigiani di pace” (Par. 225), in quanto”i processi effettivi di una pace duratura sono anzitutto trasformazioni artigianali operate dai popoli…C’è una architettura della pace, nella quale intervengono le varie istituzioni della società, ciascuna secondo la propria competenza, però c’è anche un artigianato della pace che ci coinvolge tutti “(Par. 231). Si ribadisce che ”Quanti pretendono di portare la pace in una società non devono dimenticare che l’inequità e la mancanza di sviluppo umano integrale non permettono che si generi la pace (Par. 235). (V. anche Par. 228, 229, 230, 232, 233, 243)

Per i “percorsi di speranza” viene segnalato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, frutto dell’incontro ad Abu Dhabi del 2019 tra Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb , in quanto “Non si è trattato di un mero atto diplomatico, bensì di una riflessione compiuta nel dialogo e di un impegno congiunto” (Par. 5). Inoltre vengono citati diversi “artigiani della pace” che hanno ispirato la enciclica, oltre a San Francesco, anche se non cattolici: Martin Luther King per la difesa pacifica dei diritti civili degli afroamericani, Desmond Tutu per la sua opposizione pacifica dell’apartheid in Sud Africa, Mahatma Gandhi che ha portato l’India alla indipendenza dal dominio inglese tramite la disobbedienza civile. Infine il Beato Charles de Foucauld che, “per la sua profonda fede, a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti” (Par. 286). Credo quindi possano essere considerate come “buone pratiche” le attività della Comunità di S. Egidio che, oltre ad interventi diretti di aiuto ai poveri, promuove il dialogo tra istituzioni ed enti in modo da favorire la pace, come ad es. risulta dal discorso ai partecipanti religiosi dell’incontro internazionale per la pace promosso dalla stessa Comunità nel 2013, “Il comandamento della pace  è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose che rappresentiamo… Come leader religiosi siamo chiamati ad essere veri dialoganti, ad agire nella costruzione della pace non come intermediari, ma come autentici mediatori (Par. 284). In relazione poi al citato“patto culturale” risulta importante la informazione e la formazione delle comunità, e quindi può essere considerata significativa l’esperienza del programma Erasmus della Unione Europea, che ha favorito l’incontro e l’integrazione dei giovani europei, nipoti di coloro che si sono combattuti aspramente nella ultima guerra mondiale. E’ sicuramente importante poi l’esistenza di un “patto sociale” in quanto, come visto in precedenza, esso stabilisce, attraverso le Costituzioni degli Stati o Federazioni democratiche già segnalate, i diritti e doveri dei cittadini, contribuendo in questo modo anche alla formazione del citato “poliedro”, in grado di comporre le differenze in una unità superiore alle parti. Relativamente ai “processi di pace” derivati dalle “trasformazioni artigianali operate dai popoli” penso si possa ricordare il distacco incruento dei paesi dell’Est dalla Unione Sovietica, frutto anche della iniziativa di Solidarnosc in Polonia, ed in particolare la caduta pacifica del muro di Berlino del 1989, con successiva riunificazione delle due Germanie, oltre all’accordo che pose fine al conflitto tra le popolazioni delle due Irlande nel 1998, favoriti entrambi dalla appartenenza alla UE. In generale si può ritenere che nel momento in cui i conflitti esterni ma anche interni agli stati (es. in Medio Oriente e Africa) si ricompongono con il  riconoscimento politico dei contendenti come partiti o movimenti, in quanto ognuno “cede qualcosa per il bene comune “ (Par. 221), si ha una vittoria della pace ed anche della democrazia. Oltre alle iniziative artigianali dirette della comunità per contribuire al dialogo ed alla pace evidenziate in precedenza, credo sia importante anche la partecipazione da protagoniste delle organizzazioni che compongono la stessa comunità alla riforma e gestione delle architetture dello sviluppo e della pace, quali imprese e istituzioni, secondo il principio di sussidiarietà orizzontale e attraverso gli strumenti democratici disponibili (es. contratti, accordi, voto). In questo senso è anche significativo l’intervento del Segretario di Stato Parolin alla Comece (Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea) in occasione del 40° anniversario della sua costituzione, come portavoce di Papa Francesco. In questa occasione infatti è stata confermata la disponibilità della Chiesa ad accompagnare il processo politico della Unione Europea nelle proprie aree di interesse, con particolare riguardo alla difesa della dignità della persona e della famiglia. Inoltre è stata data la disponibilità della Chiesa a collaborare in diversi ambiti (es. superamento della emergenza Codiv-19 a beneficio di tutti, sia con il vaccino sia con il Next Generation UE, gestione dei migranti tramite la revisione del Regolamento di Dublino, conversione ecologica tramite il progetto Green Deal, contenimento dei rischi della digitalizzazione, sviluppo del continente africano) ed a partecipare come partner alla Conferenza sul futuro della Europa per ripensare l’UE

 

L’OBIETTIVO FINALE

Sulla base delle precedenti modalità si può anche individuare un obiettivo finale che da un lato è presente nelle “prospettive e proposte” di tutti i soggetti e da un altro lato consente di partire dai “percorsi di speranza” e “buone pratiche” evidenziati nelle riflessioni per renderlo più fattibile. Credo che questo obiettivo sia sintetizzabile nello sviluppo sostenibile e pace per i fratelli tutti, che trova anche riscontro nella affermazione di Papa Paolo VI nella enciclica Populorum Progressio, richiamata anche in questa enciclica, che “ Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”. Inoltre questo obiettivo consente anche di individuare meglio gli strumenti principali per perseguirlo, riportati di seguito.

 

GLI STRUMENTI

Gli strumenti principali per perseguire l’obiettivo dello sviluppo sostenibile e della pace per tutti, che si possono dedurre dalle indicazioni della enciclica e dalle riflessioni precedenti, sono:

– gli investimenti sostenibili economicamente, socialmente e ambientalmente per la creazione di  ricchezza e lavoro per le persone e la comunità, autonomamente da parte degli imprenditori eticamente responsabili attraverso le loro imprese, e da parte dei politici, attraverso le politiche economiche delle Istituzioni pubbliche, utilizzando anche a tale fine le tasse provenienti dagli altri soggetti.

– la partecipazione delle persone e comunità alla attività delle imprese, tramite il coinvolgimento dei collaboratori risultante da contratti/accordi con gli imprenditori, ed alla attività delle Istituzioni tramite la consultazione e il voto assicurati dai politici con la democrazia

– la cittadinanza, con relativi diritti e doveri, garantita dalle Costituzioni delle Istituzioni nazionali e sovranazionali federali e democratiche a livello regionale e mondiale, quali architetture di pace assicurate dai politici nei confronti delle persone, imprese e comunità

– il dialogo ed i patti sociali, oltre che culturali per la informazione e formazione, promosse dalle  persone e dalla comunità attraverso l’amicizia sociale e l’artigianato della pace.

Per altro la attivazione di questi strumenti può essere considerata ambiziosa, ma sono incoraggianti i “percorsi di speranza” e le “buone pratiche” segnalati, che, diversamente dal passato, avvalorano la possibilità di farlo pacificamente, anche se gradualmente.

 

CONSIDERAZIONI FINALI

Innanzitutto credo si possa constatare con soddisfazione che le nuove prospettive e proposte”, suffragate dai “percorsi di speranza” evidenziati dalla enciclica, oltre che dalle “buone pratiche” da me segnalate, consentono effettivamente di individuare le modalità che i singoli soggetti sono invitati a seguire, per “pensare e generare” l’auspicato “nuovo mondo”, caratterizzato da “fraternità e amicizia sociale” per i “fratelli tutti”. Inoltre attraverso queste modalità si possono anche individuare l’obiettivo finale e gli strumenti per realizzarlo da parte degli stessi soggetti, dimostrando così la perseguibilità di questo obiettivo e quindi anche la validità della enciclica.

In sintesi, si evidenzia la convinzione che, in generale, di fronte alla mondializzazione della economia ed al proliferare di numerosi conflitti, per assicurare l’obiettivo finale dello sviluppo sostenibile e della pace, specialmente a favore delle popolazioni più povere, non siano più sufficienti gli “atti di generosità sporadici” o le “azioni benefiche”e “gli aiuti in denaro”, ma occorra che tutti i soggetti (singole persone, imprenditori, politici e comunità) intervengano sulle cause che li determinano. In particolare, partendo dall’alto, si ritiene necessario che i politici riformino o costruiscano delle Istituzioni internazionali ai diversi livelli della vita sociale, dotandole di poteri e risorse adeguati, assicurati dal contributo delle tasse e dalla partecipazione degli altri soggetti secondo il principio di sussidiarietà, per realizzare politiche economiche e sociali di solidarietà a beneficio di tutti, attraverso gli strumenti della cittadinanza e la democrazia, che garantiscono la possibilità di consultazione ed il voto. Inoltre gli imprenditori, con le loro imprese, sono chiamati a generare beni e ricchezza, e quindi lavoro, per tutti, realizzando la solidarietà direttamente tramite lo strumento degli investimenti sostenibili economicamente, socialmente e ambientalmente, e indirettamente tramite le tasse, e perseguendo la sussidiarietà tramite lo strumento della partecipazione dei collaboratori alla attività delle imprese, assicurata da accordi e contratti. Partendo dal basso le persone e la comunità, oltre alle iniziative dirette di solidarietà, possono favorire la amicizia sociale e la pace sociale attraverso gli strumenti del dialogo e dei patti sociali e culturali, ma anche attraverso la partecipazione alla attività delle imprese ed alla realizzazione o perfezionamento delle Istituzioni precedenti, secondo il principio di sussidiarietà, utilizzando gli strumenti prima attivati dagli imprenditori ed i politici e contribuendo anche con le tasse. In tale modo si può formare anche il “poliedro” auspicato dalla enciclica in cui “il tutto è più delle parti” e “le differenze convivono”. Sono numerosi gli esempi di “percorsi di speranza” e “buone pratiche” che avvalorano la fattibilità delle indicazioni precedenti, ad. es.: gli imprenditori segnalati dalla UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) le cui imprese perseguono il bene comune; i politici a capo di Istituzioni formate da Unioni di Stati (come la UE) o Federazioni di Stati (come gli USA), come sostenuto anche dal MFE (Movimento Federalista Europeo); infine quelle recenti promosse dalla Chiesa, come il  Patto di Assisi con i giovani per la individuazione della nuova Economy of Francesco, l’impegno interreligioso per la pace mondiale e la fratellanza umana di Abu Dhabi e la partecipazione della Comece alla prossima Conferenza sul futuro dell’Europa.

Si deve però tenere presente che, come evidenziato dalla enciclica, ”non c’è una sola via d’uscita possibile, un’unica metodologia accettabile, una ricetta economica che possa essere applicata ugualmente per tutti” (Par.165). Di conseguenza anche le riflessioni precedenti non pretendono di rappresentare una interpretazione autentica dei passaggi utilizzati e di essere esaustive, data la ricchezza della enciclica ed il tipo di approccio seguito, per cui sarei già soddisfatto se servissero a dare un modesto contributo per capire meglio le indicazioni di Papa Francesco e quindi per fare ognuno la propria parte,mettendolein pratica nell’ambito di vita di ciascuno.

A tale riguardo è di sostegno “l’invito alla speranza”del Papa in quanto “ la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa” (Par. 55)

 

 Genova, 16-01-2021                                                                                         Piergiorgio Marino

 

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