Il secondo Rapporto Ucid 2010/11 dedica un ampio capitolo alla responsabilità imprenditoriale per il bene comune (Ribc) con analisi di tipo teorico ed empirico sulla rilevanza e l’adeguatezza degli obiettivi aziendali in termini di responsabilità nei confronti dei diversi portatori di interessi (stakeholder) interni ed esterni. Si tratta della responsabilità nei confronti dei dipendenti, delle istituzioni locali, delle comunità locali, dei clienti, dei fornitori, degli azionisti (shareholder) e dei proprietari privati.
Una parte molto originale del Rapporto offre valutazioni quantitative di un certo numero di casi aziendali riguardanti gli effetti economici del comportamento etico delle imprese, in termini non del tradizionale valore aggiunto aziendale ma del valore economico e sociale guadagnato (Vesg). Quest’ultima area di ricerca appare poco esplorata e l’Ucid rappresenta, attraverso il Centro Siri, uno dei rari punti di eccellenza che ha aperto una strada in tale direzione, alla luce dei valori fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa e della responsabilità dell’impresa per lo sviluppo e la costruzione del bene comune.
Il mercato offre, soprattutto la realtà anglosassone con la business ethics, molte graduatorie sulla responsabilità sociale delle imprese o su singoli aspetti come la soddisfazione dei clienti (customer satisfaction) o sulla soddisfazione del lavoro in azienda (enterprise satisfaction). A quest’ultimo filone appartengono i risultati della ricerca, recentemente pubblicati dalla società americana “Great Place to Work” (GPW), sulla graduatoria delle imprese a livello mondiale dove l’ambiente di lavoro incontra le più alte soddisfazioni sulla base di un insieme di fattori opportunamente misurati. La classifica contiene anche le prime 10 aziende italiane che nel 2010 presentano la migliore performance, sulla base dei cinque fattori qui di seguito indicati
I fattori di valutazione sono i seguenti:
a) Credibilità: cioè fiducia nelle persone per cui lavorano i dipendenti e sulla loro reputazione;
b) Rispetto: apprezzamento delle qualità umane e professionali dei dipendenti che vengono coinvolti nelle decisioni più importanti riguardanti il futuro dell’azienda;
c) Equità: giusto trattamento delle ricompense in base ai meriti, senza favoritismi nelle promozioni e nelle assunzioni (pari opportunità) e possibilità di appellarsi;
d) Orgoglio: per l’appartenenza all’azienda e per la qualità dei prodotti e dei servizi offerti;
e) Spirito di squadra: capacità di lavorare in equipe con spirito collaborativo e solidale proprio di una buona famiglia.
Sulla base di tali criteri, la classifica 2010 delle prime 10 aziende italiane per qualità dell’ambiente di lavoro è risultata la seguente:
1) Elica: settore dei mobili e arredamento con 1513 dipendenti (crescita di 286 rispetto all’anno precedente); l’azienda è quotata in borsa ed era risultata quarta nella graduatoria GPW dell’anno precedente;
2) Cisco Systems Italy: telecomunicazioni; 496 dipendenti (+17); non quotata; terza;
3) Microsoft Italia: Ict-software; 830 dipendenti (-25); quotata; prima;
4) W.L. Gore & Associati: tessile; 86 dipendenti (+1); non quotata; sesta;
5) Nissan Italia: auto; 200 dipendenti (+13); non quotata; quinta;
6) Mars Italia: alimentare; 246 dipendenti (+10); non quotata; seconda;
7) Nuovo Nordisk: farmaceutica; 332 dipendenti (nessuna assunzione); non quotata; n.c.
8) TetraPak: macchine e apparecchiature per contenitori; 824 dipendenti (+120); non quotata; settima;
9) PepsiCo Italia: alimentare; 268 dipendenti (+4); quotata; dodicesima;
10) Medtronic Italia: distributori farmaceutici; 557 dipendenti (+61); quotata; decima.
Su 10 aziende classificate, 4 sono quotate in borsa. La graduatoria appare indipendente dai settori di appartenenza e dalle dimensioni aziendali in termini di dipendenti. Ciò significa che l’eccellenza dell’impresa non è legata alle caratteristiche del settore di appartenenza, come fa in parte intendere la tassonomia di Pavitt (settori ad alta tecnologia, settori ad alta intensità di scala, settori di specializzazione, settori tradizionali), né alle dimensioni aziendali. Non possiamo nemmeno dire che l’eccellenza dipenda in modo significativo dagli assetti proprietari delle imprese (proprietà e controllo).
Otto imprese su dieci che entrano nella classifica sono imprese che crescono, come mostra l’aumento dell’occupazione. Il fattore vincente è rappresentato dal personale, la risorsa più preziosa per lo sviluppo sostenibile dell’impresa nel lungo periodo.
L’uomo è l’artefice dei processi di sviluppo e deve rimanere al centro di qualsiasi attività umana, con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. Si tratta di fondamenti naturali su cui i diversi approcci all’etica possono trovare un punto d’incontro. L’etica cristiana svolge un ruolo fondamentale al loro interno, soprattutto con riferimento alla funzione imprenditoriale per la costruzione del bene comune. Giovanni Paolo II parlava per questo nella Centesimus Annus di economia di impresa (genus), preferendola alla definizione di economia capitalistica (species). L’impresa, che sul piano costitutivo si basa sulle relazioni tra gli uomini, rappresenta una comunità di persone in cui la funzione imprenditoriale viene esercitata non come potere ma come servizio per la costruzione del bene comune.
Come mostrano i risultati della ricerca di “Great Place to Work” che sono stati presentati, la credibilità e la reputazione dell’imprenditore sono valori fondamentali per coordinare efficacemente le risorse umane e materiali, in vista dell’obiettivo comune della sostenibilità dell’impresa nel lungo periodo attraverso il mantenimento coerente della missione.
Giovanni Scanagatta