Grazie, grazie di cuore, per aver accettato l’invito a questo appuntamento che è ormai diventato una tradizione e che considero tra i più significativi, simpatici e proficui del mio mandato. Ne sono anche orgoglioso perché mi pare che sia tra le pochissime occasioni, o forse l’unica, nella quale i rappresentanti della società civile più impegnata, o meglio della classe dirigente illuminata, si incontrano in piena libertà, per intrecciare rapporti interpersonali senza scopi prefissati e a prescindere dalla politica. Il mio invito è di stare assieme in questo luogo suggestivo al quale non mancano le attrattive per una comune riflessione che mi auguro il più possibile coinvolgente.

Come spesso ripeto, noi dell’Ucid di Trento ci sforziamo di vivere pienamente nel nostro tempo, di comprenderlo, di indagarlo, immergendoci nella realtà, così come deve essere per il cristiano che vive la sua fede. E dalla realtà abbiamo puntualmente attinto i temi per le nostre comuni riflessioni e per la conseguente attività: così, negli ultimi anni, abbiamo affrontato e approfondito diffusamente la dottrina sociale della Chiesa, cercando di ricavarne  nel nostro quotidiano operare, quei valori morali ed etici che si estrinsecano nelle tre direttrici: sviluppo, sussidiarietà e solidarietà. Più recentemente abbiamo poi concentrato i nostri sforzi sul declino, anzi  sull’eclissi della classe dirigente, colpevole di aver lasciato troppo spazio all’espansione della classe politica che ormai non sa più come concepire lo sviluppo. Quest’anno come tema ci siamo posti “la povertà”. Che sia un problema drammatico, se non il problema, credo sia chiaro a tutti noi che ogni giorno operiamo e lavoriamo. Le cronache, dalle esecuzioni immobiliari agli sfratti, dalle percentuali di popolazione sotto il livello di sussistenza fino ad  arrivare addirittura ai suicidi , ci informano, puntuali, precise, crudeli che l’esclusione sociale, le nuove povertà sono il vero problema, grave, gravissimo, addirittura minaccioso.

Quella che stiamo vivendo non è più una crisi economica ciclica ma è qualcosa di ben più grave, è una recessione di cui non si vede la fine. La recessione  ha ingigantito e prolungato la povertà  e se sino a ieri la percentuale dei poveri in Italia era a una cifra oggi è a due cifre. Dico tutto questo perché noi Ucidini, che la povertà non la viviamo direttamente, da un anno la stiamo monitorando e ci siamo resi conto che è a noi contigua ma non sufficientemente conosciuta. In più incontri ed in altri a venire abbiamo scandagliato questo amaro e variegato mondo della nuova povertà grazie ai

rappresentanti delle Associazioni di volontariato che meritoriamente si muovono sul territorio e che si sono affiancate agli “ultimi”. Abbiamo incontrato e scoperto un mondo nuovo, che non a parole ma coi  fatti e con serenità si mettono a disposizione degli “ultimi”, suscitando in tutti noi grande ammirazione. Abbiamo iniziato un viaggio che si è rivelato carico di valori, significati e conoscenze. Entro l’anno chiuderemo questa fase conoscitiva e dovremmo sostare per trarre delle conseguenze individuando obiettivi e percorsi. Il problema è: “che cosa fare?” Perché, come si suol dire,  “è sì importante fare il bene ma è ben più importante farlo bene”. Questa sarà una regola di condotta che adotteremo nel nostro futuro agire. Non ho e non abbiamo soluzioni difronte a questo enorme problema ma di una cosa sola sono certo e qui voglio ribadirla: dobbiamo fare qualcosa, non possiamo rimanere indifferenti!

Abbiamo radunati qui i vertici della società civile, quelli che i sociologi chiamano “i primi”, a loro chiedo: “possiamo rimanere indifferenti difronte a questo stato di cose o non dobbiamo impegnarci?”

Noi dell’Ucid lanciamo un appello: bisogna agire e noi ci siamo! Non dobbiamo delegare questa responsabilità solo alla politica , tutti dobbiamo mobilitarci perché tutti siamo corresponsabili. A maggior ragione come imprenditori cristiani dovremmo sentire questa responsabilità come prioritaria secondo l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa che ben si riassume nella frase di Papa Paolo VI “nessuna ricchezza è legittima se non è condivisa”.