Nel bellissimo libro “ Le conseguenze economiche della pace” del 1919, Keynes descrive la sua esperienza come rappresentante del Tesoro Britannico alla Conferenza di Versailles dopo la fine del prima guerra mondiale.
Il 7 giugno di quell’anno Keynes comunica al Primo Ministro Lloyd George le proprie dimissioni per il dissenso sul Trattato per le condizioni imposte alla Germania sulle riparazioni di guerra.
Nel capitolo finale del libro, Keynes parla dei rapporti dell’Europa Centrale con la Russia, affermando la necessità non solo di sostenere la linea del non intervento annunciata dalla Germania, ma di desistere da un blocco dannoso per i nostri stessi interessi e di incoraggiare e aiutare la Germania a riprendere il suo posto in Europa come creatrice e organizzatrice di ricchezza con la Russia e i Paesi vicini. Keynes sosteneva allora che “se non permettiamo alla Germania di scambiare prodotti con la Russia, e in tal modo di nutrirsi, è inevitabile che essa competa con noi per i prodotti del Nuovo Mondo. Tanto miglior successo avremo nel troncare i rapporti economici tra Germania e Russia, tanto più deprimeremo il livello delle nostre condizioni economiche e aggraveremo i nostri problemi interni”.
Nella sua monografia, Keynes evidenzia con grande vigore la miopia dei Paesi vincitori della prima guerra mondiale, a partire dalla Francia, di fare pagare interamante alla Germania i danni di guerra. Tali danni sono stati quantificati tra i due e i tre miliardi di sterline e per Keynes tale sforzo era insostenibile per il popolo tedesco e gli effetti economici negativi avrebbero finito per scaricarsi sui Paesi vincitori. La storia successiva la conosciamo: la grande inflazione tedesca, il tentativo di porvi rimedio, l’avvento del nazismo, il riarmo della Germania, lo scoppio della seconda guerra mondiale.
La questione delle relazioni tra l’Europa e la Russia è riemersa ai nostri giorni con la crisi ucraina, in seguito dell’invasione russa della Crimea, e le conseguenti sanzioni economiche dell’Unione Europea nei confronti della Russia. Tutto questo ci fa ricordare i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico.
Non è questo il luogo per valutazioni di tipo politico dell’intera questione, ma si desidera solo riflettere sulle conseguenze economiche della posizione assunta dall’Unione Europea. Ricordiamo, prima di tutto, che la Russia ha sostenuto in passato l’Ucraina con consistente aiuti economici, dell’ordine di 40 miliardi di euro all’anno. Inoltre, la Russia ha praticato forti sconti all’Ucraina per le forniture di gas. L’aiuto messo in campo dall’Unione Europea per l’Ucraina in seguito alla crisi con la Russia supera di poco i dieci miliardi di euro.
I Paesi dell’Unione economicamente più esposti sono la Germania e l’Italia. I maggiori esportatori tra i Paesi aderenti all’Unione Europea verso la Federazione Russa sono infatti la Germania, l’Italia e la Francia. I tedeschi sono al primo posto sia nel settore export che in quello import, rispettivamente con 38 e 40 miliardi di euro. L’Italia, dal canto suo, esporta per 10 miliardi e importa più di 18 miliardi di euro. Gli effetti della riduzione delle esportazioni a causa delle sanzioni sono pesanti in termini di occupazione. Per la Germania si parla di 50 mila posti di lavoro persi e per l’Italia di 15 mila.