Dopo una lunga e laboriosa esistenza, ci ha lasciato Francesco Merloni, grande testimone di vita imprenditoriale ispirata ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa per il bene comune.
Non potrò mai dimenticare il racconto di Francesco nei tempi in cui l’ho conosciuto come segretario generale, agli inizi della presidenza nazionale dell’UCID (2004-2011) del compianto prof. Angelo Ferro.
Da questo racconto si comprende lo spirito dei grandi imprenditori che sono stati gli artefici della ricostruzione e del “miracolo economico” del nostro Paese, all’indomani delle grandi distruzioni morali e materiali della seconda guerra mondiale. Era fresco di laurea in ingegneria meccanica alla prestigiosa Università normale di Pisa e cominciò a collaborare, nei primi anni cinquanta, con il padre Aristide nella fabbrica di bombole del gas. Seguiva le assunzioni di nuovi operai che presentavano come documento di riconoscimento il passaporto per l’espatrio, perché erano pronti per emigrare alla ricerca di lavoro all’estero, lavoro che non offriva la terra marchigiana e, in particolare, il comprensorio di Fabriano. Credo sia questa l’esperienza giovanile di Francesco che lo ha forgiato ai grandi valori della solidarietà, dello sviluppo e del bene comune che sono i fondamenti della Dottrina Sociale della Chiesa.
Merloni è stato un grande imprenditore nel significato di Papa Francesco che parla di vocazione, quindi valore trascendente e spirituale, e di nobile lavoro dell’imprenditore per la costruzione del bene comune con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo. In questo senso, il grande imprenditore ha una visione generale del mondo di lungo periodo e si distingue dalla figura del manager. Si tratta di un homo faber, cioè di un continuatore dell’opera creatrice di Dio, mentre il manager è uno specialista, cioè un homo fabricatus, prodotto nelle scuole di direzione aziendale delle grandi università del mondo globalizzato.
La profonda crisi epocale che stiamo vivendo a livello mondiale è dovuta certamente anche alla carenza di imprenditori, come Francesco Merloni che ci ha lasciato, imprenditori che si interrogano costantemente su un ampio significato della vita e del futuro del mondo e al predominio dei manager. Per un mondo migliore, dobbiamo pertanto pregare Dio che ci mandi buoni imprenditori come Francesco Merloni, per la costruzione di un ordine mondiale più giusto e più pacifico.
Il vero imprenditore, come Francesco Merloni, volge costantemente lo sguardo al lungo periodo per il bene comune di tutti gli stakeholder: dipendenti, la risorsa più preziosa dell’azienda in un’ottica di lungo periodo, comunità locali, istituzioni locali, clienti, fornitori, ambiente, giovani generazioni, azionisti. Il principio moltiplicatore del bene comune, non deve escludere nessuno degli stakeholder e tutti devono partecipare ai benefici dello sviluppo. E’ la creazione di valore condiviso il fondamento del pensiero di Francesco Merloni che ha testimoniato con tutta la sua lunga vita: uno dei più grandi imprenditori italiani dell’ultimo secolo.
Il nostro ricordo di Francesco Merloni va in particolare alla sua prestigiosa presidenza dell’UCID nazionale, per ben sette anni (1997-2004), che ha rappresentato un importante momento di rinascita della nostra associazione di imprenditori cristiani, dopo i difficili anni novanta del secolo scorso.
Francesco Merloni, assieme al dinamico segretario generale Giuseppe Accorinti, ha avviato molte nuove iniziative sia con la rete territoriale dei Gruppi regionali e delle sezioni diocesane della nostra associazione, sia sul piano internazionale con una stretta e sempre più efficace collaborazione con l’UNIAPAC, nata in Belgio nel 1931 che riunisce associazioni di imprenditori cristiani provenienti da 40 paesi in Europa, America Latina, Asia e Africa, con più di 30 mila iscritti. A questo proposito, e interessante notare che l’UNIAPAC è nata nello stesso anno della pubblicazione della grande Enciclica sociale Quadragesimo anno di Pio XI. E’ l’Enciclica che ha introdotto il valore della sussidiarietà, uno dei grandi principi della Dottrina Sociale della Chiesa, assieme allo sviluppo integrale dell’uomo, alla solidarietà, alla destinazione universale dei beni e al bene comune. Francesco credeva molto nella sussidiarietà perché il vero sviluppo deve partire dal territorio per coinvolgere tutti gli attori, senza l’esclusione di nessuno.
Di grande rilievo è stata, nel 1998, l’organizzazione a cura dell’UCID nazionale, presieduta da Francesco Merloni, del Congresso mondiale UNIAPAC che si è tenuto a Roma. I congressisti sono stati ricevuti, il 10 ottobre di quell’anno, da Giovanni Paolo II che li ha esortati a promuovere la solidarietà in tutti i processi economici, in una visione globale. La globalizzazione deve impegnare tutti gli imprenditori del mondo per uno sviluppo di giustizia e di pace che non escluda la maggioranza dei popoli a vantaggio di un numero sempre più piccolo di persone. Tutti devono partecipare ai benefici del progresso scientifico e tecnico, senza l’esclusione di nessuna persona perché i frutti della creazione devono essere per tutti.
Non potremo poi mai dimenticare la partecipazione dell’UCID nazionale, presieduta da Francesco Merloni, al Congresso mondiale UNIAPAC del 2022 nella capitale argentina, per un sostegno ad un paese, con una grande presenza di persone di origine italiana, che stava attraversando allora grandi difficoltà. Questa spinta verso una vocazione internazionale dell’UCID possiamo vederla come un riflesso del pensiero di Francesco Merloni che vedeva la necessità dell’impresa per essere competitiva di guardare sempre al mondo intero e non solo al mercato nazionale, per cogliere le diverse capacità di sviluppo di tutti i paesi nel mondo. Pensiamo solo all’iniziativa imprenditoriale con l’apertura nel 2014 di un nuovo stabilimento in Vietnam alla cui inaugurazione ha partecipate il Presidente del Consiglio dei Ministri, con Francesco Merloni che faceva gli onori di casa.
Quale eredità ci lascia Francesco Merloni? Al di sopra di tutto, credo esista la sua grande umiltà, con il suo desiderio di stare sempre vicino ai suoi operai offrendo loro una possibilità di riscatto come è avvenuto nella sua terra marchigiana con l’avvio del “miracolo economico” e di una stagione sviluppo sociale secondo principi di giustizia, di dignità della persona umana e di realizzazione del bene comune. E’ nostra responsabilità raccogliere e portare avanti la sua grande eredità per un mondo migliore, soprattutto per le giovani generazioni.