Quale senso dare al lavoro

Una risposta coerente con il dono ricevuto, che dia senso all’operare, comporta almeno tre condizioni di comportamento:  Responsabilità, Relazione, Rigore. Responsabilità è innanzitutto la coscienza che ogni azione, gesto, parola, atteggiamento, tendono a riflettersi sugli altri, condizionando in un certo senso l’esistenza stessa degli altri. La responsabilità, ha in questo senso una valenza prettamente sociale; ma la responsabilità ha anche una valenza personale che in sintesi potremmo chiamare, diligenza, operosità, disponibilità, rispetto, fiducia, conoscenza, competenza, affidabilità, prudenza, senso di appartenenza…

Nella storia dell’Impresa la responsabilità che alle origini  veniva concentrata sostanzialmente in un numero ridotto di persone,  si è progressivamente spostata sopra un crescente numero di responsabili e di responsabilità rendendo l’impresa di fatto una sorta di gerarchia delle responsabilità e quindi di una crescente comunione di intenti volti alla crescita e sviluppo dell’impresa stessa. Una autentica Relazione nasce dalla cultura dell’altro, (l’opposto ahimè della diffusissima “cultura del sé”); l’altro pensato come persona prima che etichettato per la funzione che ricopre, sia esso (parlando ancora d’impresa) dipendente o superiore, fornitore o cliente, azionista o dirigente. In modo reciproco una relazione autentica nasce dalla capacità di sapersi spogliare dalle maschere che noi stessi vestiamo per apparire diversi e possibilmente migliori di quanto obbiettivamente sappiamo di essere.

Una relazione può diventare virtuosa e quindi efficace, qualora connotata da creatività e gratuità. Ricaviamo a tale proposito un limpido esempio da quanto suggerito dal professore Stefano Zamagni: “… se io posseggo una arancia e tu possiedi una arancia e ci scambiamo le arance, di fatto abbiamo realizzato una relazione ma essa è a sommatoria zero, ovvero tutto è restato come prima dello scambio. Se invece allo scambio della arancia io aggiungo un sorriso, un semplicissimo sorriso, io ho creato un valore aggiunto allo scambio dove la novità del sorriso ha la sua genesi in una originale creatività e gratuità.

Non sfugge certo come in tale esempio, creatività e gratuità siano i veri ed autentici germi dello sviluppo. Il Rigore inteso come un continuo esercizio della giustizia verso di se (auto-coscienza) e verso gli altri. Un autentico senso di giustizia cercherà sempre di privilegiare ed imitare il merito escludendo l’appiattimento verso valori più bassi ed evitando quanto più possibile, ogni e qualsivoglia azione punitiva verso se stessi e verso gli altri. Il rigore dovrà essere supportato da un continuo e pressante stimolo a migliorare le proprie ed altrui capacità contando sulle qualità (talenti) che ognuno conserva esplorate o inesplorate dentro di se. Nell’impresa ogni merito che sopravanzasse il pur onesto esercizio del proprio dovere dovrebbe,  qualora possibile, avere un riconoscimento e non solo pecuniario. Come si è potuto notare responsabilità, relazione e rigore sono atteggiamenti umani interconnessi e la loro espressione più autentica contiene tutti i presupposti per produrre valore aggiunto,  creare profitto, generare sviluppo, procurare occupazione ed in definitiva concorrere alla creazione del bene comune. Tuttavia, bastano le tre “R”, interagenti fra di loro ad innestare un circuito virtuoso nella economia del lavoro?

Manca un elemento molto importante, anzi fondamentale per dare vitalità e vigore al circuito perché sia veramente virtuoso ed è una qualità già menzionata nell’ambito delle responsabilità: la conoscenza. Una conoscenza che non si limita ad una capacità professionale, alla competenza o alla specializzazione, frutto di anni di studio nelle scuole o nelle università, ma si completi e si integri con una educazione della persona che possa vivere il vero ed autentico senso del lavoro, sentire il bisogno di responsabilità, cercare la relazione fra le persone, mirare alla crescita personale facendo emergere e mettendo a disposizione i propri talenti anche a vantaggio degli altri. Si afferma che la conoscenza è “potere” e certamente il concetto risponde a verità, ma solo se coadiuvata da una profonda educazione, la conoscenza è anche capace (levando la “e” finale) di:

poter comprendere, poter discernere, poter scegliere, poter creare, poter intraprendere,  poter sviluppare …..

Ritornando al punto di partenza che era quello di quale senso assegnare al lavoro, si comprende come tutto possa e debba ruotare attorno alla Persona umana, vero ed unico centro e baricentro dell’economia e del lavoro sia essa espressa all’interno dell’impresa come nell’ambito più ampio del mercato.

E qui si innestano per l’UCID le Giornate Wojtyla.