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L’emergenza Coronavirus: esperienza e riflessioni del Gruppo Iren

di Antonio Andreotti Direttore Personale, Organizzazione e Sistemi Informativi Iren SpA

Due premesse.

Il Gruppo Iren è un gruppo multi-utility, che opera soprattutto nel Nord-Ovest dell’Italia nei settori della distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale, del ciclo idrico integrato, del servizio ambientale integrato (dallo spazzamento allo smaltimento e al recupero dei rifiuti), della produzione di energia elettrica e di servizi di teleriscaldamento, dei servizi di global service a Enti Locali e Comunità, della commercializzazione di gas, energia elettrica e nuovi prodotti per cittadini/clienti.

Nato dalla funzione di diverse Aziende ex municipalizzate e da successive aggregazioni, ha in forza a fine marzo circa 8.100 dipendenti, di cui circa 4.200 operai.

Da quando è emersa la questione coronavirus, nella seconda metà di febbraio (con i primi casi che hanno colpito anche il nostro Gruppo in Provincia di Piacenza), ci siamo posti due obiettivi principali: 1) garantire la continuità dei servizi pubblici essenziali da noi gestiti; 2) tutelare la salute e al sicurezza del nostro personale, delle loro famiglie e delle loro comunità.

Per conseguire tali obiettivi abbiamo anzitutto istituito un’Unità di Crisi, con la partecipazione del Management di primo livello, del Servizio Prevenzione e Protezione e Protezione e dei Medici Competenti, e messo a punto progressivamente una serie di misure organizzative e preventive, individuando il personale di cui era richiesta la presenza “fisica” in servizio, quello che poteva operare da remoto e il personale che non rientrava in tali casistiche.

Per il personale cui era richiesta la presenza fisica in servizio (circa il 55%) abbiamo adottato specifiche procedure operative, con l’individuazione di tutte le misure di sicurezza necessarie, e definito gli scenari che si potevano presentare in caso di diffusione del contagio, in modo da garantire sempre i servizi essenziali e la continuità degli adempimenti aziendali.

Per il personale che poteva operare lavorare da remoto abbiamo lavorato su estensione e diffusione di tale modalità di lavoro, consentendone l’utilizzo 5 giorni su 5 alla settimana e passando in un mese da circa 1.000 smart workers agli attuali 3.000.

Per coloro cui non era richiesta la presenza fisica in servizio né potevano operare da remoto, dopo prime azioni emergenziali (concessione di specifici permessi), abbiamo raggiunto un accordo con le Organizzazioni Sindacali che prevede la possibilità, una volta smaltite le ferie disponibili, di recuperare le assenze con le ore di straordinario successivamente effettuate o di attingere a un fondo di “ferie solidali”, costituito dalle ferie donate volontariamente da dipendenti e da ferie messe a disposizione dall’Azienda nella stessa misura, con la garanzia aziendale di tutelare comunque i casi di bisogno che emergessero. L’accordo, peraltro, è stato concepito anche per evitare il ricorso agli ammortizzatori sociali per la sospensione/riduzione delle attività che si è già verificata non solo in attività amministrative-gestionali, ma anche operative, in modo da lasciare più risorse pubbliche a settori maggiormente in difficoltà.

E’ da subito emerso che per attuare le misure organizzative e preventive di cui sopra e assicurare i servizi e la continuità aziendale sono fondamentali la responsabilità individuale e il coinvolgimento sia dei singoli sia delle Organizzazioni sindacali.

A tal fine si è svolta una capillare attività di informazione e formazione, istituendo ad esempio un’apposita casella di posta elettronica per la segnalazione di casi e la gestione delle domande, e sono stati istituiti in tutti i Territori in cui opera il Gruppo i Comitati previsti dal Protocollo Governo/Parti sociali del 14 marzo 2020, avviando un costante e costruttivo confronto.

In altri termini, non basta “imporre” il rispetto delle norme, occorre cercare di farle il più possibile comprendere, lavorando sul concetto imprescindibile di bene comune.

Stiamo attraversando un’esperienza nuova, difficile, che però ci sta facendo comprendere l’importanza di quanto stiamo facendo e ci costringe a individuare modalità organizzative che non si ritenevano possibili, in particolare per quanto riguarda il lavoro da remoto.

Se è evidente che il lavoro da remoto è una tendenza inarrestabile, è altrettanto chiaro che non si può parlare di “smart working” se non si ripensano processi di lavoro, relazioni capi/collaboratori e approccio al lavoro da parte dei singoli e che la tecnologia è un fattore abilitante necessario ma non sufficiente.

L’aver già dotato tutto il personale di smartphone, sviluppando numerose “app” di uso comune, e l’aver già maturato una significativa esperienza sullo smart working ci ha consentito di affrontare l’emergenza senza rilevanti cali di produttività e qualità in tutti i settori, ma ci ha fatto anche comprendere che occorre ulteriormente accelerare il programma di digitalizzazione e cambiamento culturale in atto, concentrandoci ad es. sulla dematerializzazione dei processi.

Il distanziamento sociale e le limitazioni ai movimenti cui siamo tenuti, inoltre, ci hanno fatto capire con forza quanto i contatti diretti siano insostituibili per costruire la “comunità aziendale” e che l’utilizzo dello smart working non deve essere un fine, ma è “solo” uno dei mezzi da utilizzare per migliorare competitività aziendale e qualità della vita e dell’ambiente.

L’adesione che si è avuta al fondo ferie solidali, a partire dai dirigenti, dimostra che il nostro grande patrimonio è proprio la “comunità aziendale”, cementata da valori e storie condivise.

Ci prepariamo ora alla c.d. Fase 2 con grande attenzione, avendo chiari gli obiettivi e il percorso che ci attende, anche se non è possibile prevedere quando e come finirà l’emergenza e tutti gli impatti che ne saranno derivati, non solo per il Gruppo ma per tutta la Comunità nazionale e internazionale..

“Dopo” saremo sicuramente diversi e (speriamo) più attenti all’essenziale.

 

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