Scopo della presente scheda è di presentare alcune riflessioni su etica e fisco alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. L’etica cristiana costituisce il paradigma della nostra breve analisi della finanza pubblica, vista sotto i due aspetti fondamentali e inscindibili del prelievo fiscale e delle spesa.
Se osserviamo la dinamica della spesa e della pressione fiscale sul reddito nazionale dei principali Paesi tra la prima guerra mondiale e i nostri giorni, troviamo la conferma della legge di Wagner sull’espansione della spesa pubblica. La spesa pubblica assorbiva mediamente il 15% delle risorse prodotte dai vari Paesi antecedentemente la prima guerra mondiale e si arriva al picco che supera il 50% dei redditi nazionali verso la fine degli anni ottanta. Il grande impulso all’aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale avviene dopo la grande crisi del 1929 in cui i sistemi capitalistici rivelano la loro incapacità di assicurare soddisfacenti livelli di crescita e di occupazione. E’ in questo contesto che esce nel 1936 la Teoria generale di Keynes, di cui quest’anno ricorrono gli 80 anni, con l’obiettivo di offrire rimedi per fare uscire i sistemi capitalistici dal profondo stato di depressione in cui erano precipitati. L’incertezza è l’elemento che permea il mondo della Teoria generale e che sta alla base della crisi. Essa colpisce l’efficienza marginale del capitale facendola scendere a livelli così bassi che anche tassi di interesse minimi non sarebbero in grado di mettere in moto per via endogena secondo le forze del mercato la domanda, la produzione, l’occupazione.
Entriamo ora nell’analisi della finanza pubblica alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, cioè della morale cristiana, rispetto ai campi di analisi di tipo strettamente economico, politico e sociologico.
Al punto 355 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa si legge: “La raccolta fiscale e la spesa pubblica assumono un’importanza economica cruciale per ogni comunità civile e politica: l’obiettivo verso cui tendere è una finanza pubblica capace di proporsi come strumento di sviluppo e di solidarietà”. E ancora: “La finanza pubblica si orienta al bene comune quando si attiene ad alcuni fondamentali principi: il pagamento delle imposte come specificazione del dovere di solidarietà; razionalità ed equità nell’imposizione dei tributi; rigore e integrità nell’amministrazione e nella destinazione delle risorse pubbliche. Nel distribuire le risorse, la finanza pubblica deve seguire i principi della solidarietà, dell’uguaglianza, della valorizzazione dei talenti, e prestare grande attenzione a sostenere le famiglie, destinando a tal fine un’adeguata quantità di risorse”.
Un altro punto importante per l’individuazione dei principi di etica cristiana cui deve attenersi la finanza pubblica riguarda la sussidiarietà. Fondamentale a questo riguardo è il punto 351 del Compendio che così recita: “L’azione dello Stato e degli altri poteri pubblici deve conformarsi al principio di sussidiarietà e creare situazioni favorevoli al libero esercizio dell’attività economica; essa deve anche ispirarsi al principio di solidarietà e stabilire dei limiti all’autonomia delle parti per difendere la più debole. La solidarietà senza sussidiarietà, infatti, può degenerare facilmente in assistenzialismo, mentre la sussidiarietà senza solidarietà rischia di alimentare forme di localismo egoistico”.
La finanza pubblica secondo l’etica cristiana deve mirare allo sviluppo per il bene comune, trovando un equilibrio tra i principi della solidarietà e quelli della sussidiarietà.
Siamo assistendo a livello mondiale ad una convergenza del peso della spesa pubblica sul reddito nazionale dei vari Paesi verso livelli più bassi di quelli storicamente osservati in passato. Gli economisti parlano di un valore intorno al 30%, ma questa indicazione va colta naturalmente per il suo significato generale di natura tendenziale. Parallelamente la tassazione sul reddito nazionale viene interessata dalla stessa tendenza e in questo processo i Paesi europei devono compiere gli sforzi maggiori rispetto a quelli anglosassoni.
Sta qui la questione generale dei rapporti tra etica e fisco: una questione di libertà che chiama immediatamente in causa il dovere della responsabilità dell’agire dell’individuo e delle sue libere organizzazioni per il perseguimento del bene comune. In questo senso si parla di finanza pubblica giusta, capace di coniugare i valori della solidarietà e della sussidiarietà per lo sviluppo e il bene comune.
La finanza pubblica sul piano politico si muove entro due limiti: il limite del vantaggio massimo dei governanti e quello del vantaggio minimo richiesto dai governati. Una concezione della politica eminentemente come espressione del potere porta inevitabilmente a tenere largo lo spazio tra questi due limiti. Per avvicinarli è indispensabile una visione etica della politica e della finanza pubblica, con una testimonianza di servizio per lo sviluppo e il bene comune.