Proseguiamo l’attività informativa dell’Ucid sull’andamento del mercato del lavoro nel secondo trimestre del 2010. I dati sono tratti dal Bollettino sul mercato del lavoro che il Cnel ha pubblicato nello scorso mese di novembre.
Tendenze generali. L’occupazione è lievemente aumentata nel II trimestre 2010, con una variazione congiunturale positiva di 0,1%. Ma la situazione occupazionale rimane critica: anno su anno sono stati persi 196 mila posti di lavoro. Le perdite si concentrano nell’industria in senso stretto, soprattutto nel Nord. L’incremento tendenziale della disoccupazione coinvolge prevalentemente gli ex-occupati. Prosegue la crescita sostenuta dell’occupazione ad orario ridotto: tra i dipendenti il part-time è cresciuto ad un tasso annuo del 3.2%. Aumenta il rischio che la disoccupazione ciclica diventi strutturale. Nel II trimestre 2010 le persone disoccupate da oltre 12 mesi hanno superato il milione. Il tasso di disoccupazione, dopo il minimo del 6%, sfiora attualmente il 9%.
Tendenze settoriali. Maggiormente colpiti dal calo occupazionale sono i dipendenti permanenti del settore industriale. Nel secondo trimestre 2010 l’andamento complessivo dell’occupazione è il risultato della crescita tendenziale del lavoro autonomo (+0.8%) e dell’ulteriore forte flessione delle posizioni dipendenti (-1.4 %). La ritrovata crescita dell’occupazione indipendente che, secondo l’Istat, è da attribuire alle attività professionali senza dipendenti, segue un periodo di continue flessioni che durava da circa tre anni. Il calo del lavoro alle dipendenze è invece il risultato di contrazioni che riguardano sia i contratti a termine che quelli a tempo indeterminato. In particolare, i più colpiti sono stati i lavoratori maggiormente “protetti”, cioè i dipendenti permanenti a tempo pieno, che in un anno si sono ridotti di ben 283 mila unità. Queste perdite si concentrano nelle imprese della trasformazione industriale e nel Nord del Paese, e sono probabilmente da attribuirsi alla fine dei periodi di copertura della Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Finora il massiccio utilizzo della CIG aveva difatti mascherato gli esuberi conseguenti alle forti contrazioni del prodotto. La leva della CIG, però, non ha durata illimitata e i dati delle ultime rilevazioni lo sembrano confermare. La fine del periodo di tutela e il conseguente licenziamento di quanti non vengono reintegrati in azienda, unitamente al fatto che ormai non si assume più con contratti a tempo indeterminato. Il bacino di lavoro non utilizzato e assorbito dalla CIG rimane comunque ancora molto ampio: nei primi otto mesi del 2010 l’equivalente forza lavoro delle ore complessivamente utilizzate di CIG è stato mediamente pari a 329 mila persone1 (oltre tre volte quello relativo allo stesso periodo del 2008). Ciò in parte rende conto del contemporaneo protrarsi del calo delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno, seppur a ritmi ridotti rispetto al 2009. Contrariamente alla moderata crescita tendenziale del trimestre precedente, l’occupazione dipendente a termine torna a registrare una nuova contrazione (pari a –0.6% in un anno), che però coinvolge esclusivamente le donne e tende a concentrarsi nel settore industriale e dei servizi. Sostenuta dalla crescita nel settore agricolo, l’incidenza dei lavoratori a tempo determinato sul totale dei dipendenti si mantiene difatti sostanzialmente invariata rispetto ad un anno prima (essa infatti si porta al 12.9% rispetto al 12.8 del secondo trimestre 2009). Prosegue, invece, la ripresa dell’occupazione a orario ridotto. Dopo la discesa intervenuta nel corso del 2009, gli occupati a tempo parziale continuano a segnalare ritmi di crescita significativi.
Tendenze a livello geografico e altre tendenze. Prosegue la crescita della disoccupazione, con ritmi più intensi al Sud. Nel secondo trimestre 2010, le persone che si dichiarano in cerca di occupazione sono quasi 2 milioni e 100, con un aumento del 13.7 per cento rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. L’incremento della disoccupazione continua ad interessare prevalentemente gli ex-occupati, che rappresentano infatti il 78 per cento dell’incremento complessivo osservabile nel trimestre in esame. Comincia a preoccupare la durata della disoccupazione, ovvero l’incremento del numero di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi. Queste ultimi con l’inizio dell’anno hanno infatti superato il milione: considerando che ad inizio 2007 essi si aggiravano intorno alle 700 mila unità, si è avuto un incremento di quasi il 43 per cento. Ciò accresce il rischio che la disoccupazione ciclica diventi strutturale, con conseguenti fenomeni di depauperamento del capitale umano e di scoraggiamento. Il tasso di disoccupazione di lunga durata è d’altronde caratterizzato da una dinamica crescente: esso ha raggiunto il 4 per cento nel secondo trimestre 2010. Il tasso di disoccupazione totale continua a peggiorare e nel trimestre in esame raggiungeil livello più alto dal 2003: l’8.5%. Grave in particolare è la situazione della disoccupazione giovanile che si porta al 27.9 per cento (contro il 20.4% di due anni fa), con un massimo del 40.3% per le donne del Mezzogiorno.
Un approfondimento sull’occupazione per titoli di studio. Il Bollettino del CNEL offre un interessante approfondimento sull’occupazione per titoli di studio. A due anni di distanza dalle prime ripercussioni della crisi sul mercato del lavoro (osservabili a partire dal secondo trimestre 2008), la caduta dell’occupazione è risultata drammatica per gli occupati con i più bassi livelli di istruzione (al massimo la licenza media). Complessivamente, per queste categorie di lavoratori la riduzione dell’occupazione è stata del 7.9%, con una perdita di ben 705 mila posti di lavoro rispetto ai livelli del 2008. Nello stesso arco di tempo, il numero di occupati con un diploma di scuola secondaria superiore e di quelli con una laurea (o con titoli di studio superiore) è invece risultato in crescita: dello 0.8% nel primo caso e dell’1.7% nel secondo. Al di là delle inevitabili tendenze strutturali, riconducibili soprattutto ai mutamenti demografici e sociali in atto, che portano le fasce più giovani (e più istruite) della popolazione a sostituire via via quelle più anziane (meno scolarizzate), si sono sovrapposti, ultimamente, gli effetti negativi del ciclo. Il tasso di occupazione si è contratto per tutti i segmenti individuati dal titolo di studio, ma le riduzioni più rilevanti si sono avute in corrispondenza dei livelli di istruzione inferiori, che sono stati quindi quelli che hanno subito maggiormente gli effetti negativi del ciclo economico.