Il giorno 28 febbraio scorso è stata presentata a Roma, presso la Domus Pacis, la campagna che risponde all’appello del Papa su “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro”. I movimenti e le associazioni che hanno promosso la campagna sono 22, tra cui l’Ucid che ha partecipato con il suo Segretario Generale, Dott. Giovanni Scanagatta.

La campagna è stata coordinata da Focsiv, Volontari nel mondo, e da Caritas Italiana. Erano presenti anche rappresentanti della Caritas Internationalis.

L’introduzione è stata curata da don Antonio Sciortino, Direttore di Famiglia Cristiana, da don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana, da Gianfranco Cattai, Presidente della Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontariato (FOCSIV).  E’ seguito un dibattito a cui hanno partecipato i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni promotori della campagna, tra cui il Segretario Giovanni Scanagatta.

La campagna prelude alla partecipazione all’Expo 2015 di Milano, con 141 Paesi aderenti su un totale di 204. Ci saranno 141 padiglioni,  con una previsione di 20 milioni di visitatori. Anche la Santa Sede parteciperà con suo padiglione.

Don Antonio Sciortino ha esordito dicendo che Papa Francesco ha rovesciato l’immagine di una Chiesa lontana dalla gente. Papa Francesco ha fatto sentire il ruggito dei poveri, dicendo no ad un’economia dell’esclusione e alla cultura dello scarto (anziani, giovani, immigrati, ecc.). L’unica nostra preoccupazione era lo spread, mentre ci eravamo dimenticati della povertà in Italia con 10 milioni di poveri: uno ogni sei abitanti.

La globalizzazione ci ha tutti interconnessi, grazie alla spettacolare potenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ma si è accompagnata al preoccupante aumento delle disuguaglianze. Come ha detto Papa Benedetto XVI, la globalizzazione ci ha reso più vicini ma non più fratelli. E ancora, è stato ricordato Papa Francesco che nell’Esortazione Evangelii gaudium dice no all’ingiustizia che genera violenza.

Don Sciortino ha ricordato che in Italia il 10% della popolazione nazionale possiede il 50% della ricchezza. Di fronte a questa realtà, il nostro Stato spende cifre enormi per gli armamenti, come per i caccia-bombardieri F35. La stessa cosa avviene per tutti i paesi industrializzati e per quelli poveri. Nel 2012 si sono spesi nel mondo 1.750 miliardi di dollari per gli armamenti.

La disponibilità di cibo nel mondo sarebbe sufficiente a sfamare tutti, ma ciò non avviene a causa della mancanza di potere d’acquisto da parte dei poveri e degli sprechi. Un esempio clamoroso di questi sprechi è la Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea.  Così nel mondo abbiamo un miliardo di persone che soffrono la fame: una persona su sette. A fronte di questi poveri, abbiamo nel mondo due miliardi di persone che muoiono per eccesso di cibo.

Don Sortino ha concluso il suo intervento affermando che dobbiamo riprogrammare il nostro Paese, ponendo mano ad un nuovo modello di sviluppo che metta insieme lo sviluppo materiale con lo sviluppo morale, secondo i grandi insegnamenti del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. Abbiamo bisogno di una riscossa simile a quella che l’Italia ha saputo fare all’indomani delle grandi distruzioni materiali e morali provocate dalla seconda guerra mondiale, dando un contenuto morale alla ricostruzione e allo sviluppo degli anni cinquanta con il “miracolo economico”. Un altro mondo è possibile e tutti gli italiani si devono impegnare per crearlo.

Gran parte degli altri interventi si sono soffermati sui modelli di sviluppo per fare uscire dalla povertà e dalla fame una quota così alta della popolazione mondiale, ravvivando il grande valore etico e morale della solidarietà, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, grande Maestro di Dottrina Sociale della Chiesa.  Si deve trattare di uno sviluppo sostenibile che sia in grado di salvaguardare il creato e i diritti delle generazioni future. Tutti hanno concordato che i paesi poveri per uscire dalla trappola della povertà devono puntare sull’agricoltura e sui distretti agrari. I Paesi ricchi devono aiutarli organizzando grandi centri per promuovere l’istruzione, la formazione, la sanità e il ruolo della donna che è molto importante per l’avvio di nuovi modelli di sviluppo basati sull’agricoltura e sul rispetto dell’ambiente.