Alcuni economisti sostengono che la demografia spiega circa due terzi di ogni cosa: quali prodotti domanderemo, che opportunità di lavoro avremo, che tipo di scuola frequenteremo, se il valore delle case aumenterà o diminuirà, che cibo mangeremo e che tipo di macchine compreremo, quante case per anziani avremo bisogno. I cambiamenti demografici anticipano il mondo in cui andremo a vivere.
Altro problema importante riguarda la crescita della popolazione in rapporto alle risorse. E qui incontriamo la legge di R. Malthus secondo la quale la popolazione cresce in progressione geometrica mentre le risorse aumentano in progressione aritmetica. Ma i dati ci dicono che nel mondo ci sono risorse sufficienti per sfamare tutti, grazie al progresso scientifico e tecnico, ma che molti non hanno il denaro per sfamarsi. Abbiamo quindi un problema di cattiva distribuzione della ricchezza che genera povertà e fame e non problemi di creare risorse sufficienti per sfamare il mondo.
Un’ ulteriore domanda riguarda la relazione tra demografia e sviluppo: è la dinamica demografica che genera lo sviluppo o viceversa?
A parte queste domande di fondo, che certamente sono molto importanti, con la presente scheda ci si propone di analizzare sinteticamente il fenomeno dal punto di vista delle differenze tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno del nostro Paese, con particolare riferimento alla dinamica demografica.
I dati più recenti della Svimez mettono in evidenza che la questione meridionale si è molto aggravata negli ultimi anni, portando ad un Paese ancora più diviso del passato e sempre più diseguale. Lo mettono in evidenza alcuni indicatori di natura reale. Nel periodo 2008-2014 il Prodotto Interno Lordo è diminuito in termini reali del 13% nel Mezzogiorno e del 7,4 nel Centro-Nord. Nello stesso periodo il PIL è cresciuto del 5% in Germania e del 2,3 in Francia. Gli investimenti fissi lordi nell’industria sono calati del 57,3% nel periodo 2008-2014 nel Mezzogiorno e del 22,1 nel Centro-Nord. In tema di investimenti, giunge pertanto importante l’affermazione del Presidente del Consiglio Matteo Renzi che entro la fine dell’anno verrà finalmente completata l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Gli investimenti sono dell’ordine dei 3 miliardi di euro e questo metterà in moto un moltiplicatore e un acceleratore che dovrebbe risollevare la domanda nel Mezzogiorno. Può essere un contributo importante al freno del gap tra le due parti del Paese che abbiamo messo in evidenza, impedendo che il Sud precipiti verso l’Africa.
L’emergenza maggiore riguarda il mercato del lavoro. Nel periodo 2008-2014 il Sud ha perso quasi 600 mila posti di lavoro, rispetto ai 230 mila del Centro-Nord. Il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni nel 2014 era del 27% nel Mezzogiorno e del 47% nel Centro-Nord.
Ma l’aspetto più preoccupante riguarda la dinamica demografica del Mezzogiorno, storicamente superiore a quella del Centro-Nord e ora precipitata al di sotto. Nel 1980 il numero medio di figli per donna era di 2,20 nel Mezzogiorno, contro 1,36 nel Centro-Nord. La forbice si stringe notevolmente nel 2000 con 1,35 figli nel Mezzogiorno e 1,18 nel Centro Nord. Il sorpasso si verifica nel 2013 con 1,31 figli nel Mezzogiorno e 1,43 nel Centro Nord.
Un altro aspetto preoccupante riguarda la povertà. Dal 2008, la povertà assoluta in Italia è più che raddoppiata. In rapporto alla popolazione, la sua incidenza è aumentata dal 5,2 al 10,6% nel Mezzogiorno, dal 2,7 al 5,6% nel Centro-Nord. Se si guarda al “rischio di povertà” nel 2013, nel Centro-Nord risulta esposto un individuo su dieci, nel Mezzogiorno uno su tre.
Aumentano pertanto le disuguaglianze e il fenomeno finisce per ripercuotersi su tasso di sviluppo. Sul piano dell’evidenza empirica, risulta infatti una relazione positiva fra equità e crescita. Al crescere delle disuguaglianze, diminuisce il tasso di crescita e al loro diminuire aumenta il tasso di crescita. Questo vale non solamente a livello di squilibri territoriali Nord-Sud del nostro Paese, ma anche a livello mondiale. La crescita delle disuguaglianze a livello mondiale, ha posto un’ipoteca sul tasso di sviluppo dell’economia mondiale e quindi sul raggiungimento del benessere e del bene comune. E’ un punto su cui insiste molto Papa Francesco nella Evangelii gaudium e nella Laudato Si’, dicendo no all’economia dell’esclusione e alle inequità che generano povertà, fame e violenza.
Il tema della demografia ci riporta in definitiva all’uomo e al suo sviluppo integrale di cui parla Benedetto XVI nella Caritas in veritate. L’uomo deve rimanere al centro dei processi di sviluppo perché è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Sono inalienabili i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. Il progresso tecnico è fondamentale per lo sviluppo economico, ma non deve diventare il moderno vitello d’oro, altrimenti la sua alleanza con la finanza porta alla tecnocrazia e alla negazione della libertà dell’uomo e dei suoi valori di solidarietà e di sussidiarietà, a partire dalla famiglia che costituisce la cellula fondativa di ogni società che vuole avere un futuro. La famiglia è il luogo in cui si esprime per eccellenza la gratuità e il dono, di cui ha bisogno ogni economia per la costruzione del bene comune.