Viviamo in un mondo in cui siamo passati dal potere militare a quello economico e finanziario. Come dice Papa Francesco nella Laudato si’, “L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune” (164). E’ una delle tre grandi sfide a cui si trova di fronte l’umanità all’inizio del terzo millennio e di cui parla il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa del 2004.
Si tratta della terza sfida che riguarda la globalizzazione. Essa ha un significato più ampio e più profondo di quello semplicemente economico, perché nella storia si è aperta una nuova epoca, che riguarda il destino dell’umanità.
Si è persa la governance a livello mondiale con una grave insufficienza delle istituzioni come l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), di quelle di carattere economico e finanziario come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS), del governo del commercio internazionale attraverso il GATT (General Agreement Tariff and Trade) e poi il WTO (World Trade Organization). Si tratta di istituzioni economiche e finanziarie nate con gli accordi di Bretton Woods del luglio del 1944. Accordi che hanno sancito il sistema monetario internazionale basato sulla supremazia del dollaro come mezzo intermediario degli scambi e riserva di valore. Questo sistema di cambi fissi basato sul dollaro ha resistito fino al 15 agosto del 1971 quando è stata dichiarata dal Presidente americano Richard Nixon l’inconvertibilità del dollaro in oro e la fine del gold exchange standard. Ha quindi inizio il sistema dei cambi flessibili.
Sono quindi diventate sempre più difficili la comprensione e il governo delle grandi differenze a livello storico, culturale, religioso e dei modelli di sviluppo economico e sociale che la globalizzazione ha messo a nudo. Ma la globalizzazione, come ci dice Benedetto XVI, ci ha reso più vicini ma non per questo più fratelli, intaccando soprattutto il valore della solidarietà e quindi la realizzazione del bene comune universale.
Illuminanti sono a questo riguardo le parole di Papa Francesco contenute nel punto 175 della Laudato si’. “Il XXI secolo, mentre mantiene una governance propria di epoche passate, assiste ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica. In questo contesto, diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare”. E Papa Francesco riprende a questo punto il pensiero di Benedetto XVI espresso nella Caritas in veritate in base al quale per il governo dell’economia mondiale urge sempre più la presenza di una vera Autorità politica mondiale. Pensiero peraltro già espresso da Giovanni XXIII nella Pacem in terris del 1963 e ribadito con forza da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis del 1987, auspicando la creazione di un grado superiore di ordinamento internazionale per la costruzione del bene comune universale.
Negli anni settanta del secolo scorso, dopo la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro in oro, scoppiano le due crisi petrolifere che rimettono in gioco le relazioni tra i paesi maggiormente industrializzati, paesi produttori di petrolio, paesi sottosviluppati in gran parte produttori di materie prime agricole. I paesi produttori di petrolio formano il cartello dell’OPEC e attraverso il controllo dell’offerta influenzano il prezzo di mercato. Le ragioni di scambio di spostano fortemente a favore dei paesi produttori di petrolio, mentre i paesi maggiormente industrializzati accusano il colpo con la prima crisi petrolifera e recuperano posizioni con la seconda, contenendo la perdita delle ragioni di scambio. In questo gioco triangolare i soccombenti sono i paesi sottosviluppati produttori di materie prime agricole, che perdono nelle ragioni di scambio con i paesi maggiormente industrializzati e con i paesi produttori di petrolio.
I giochi si riaprono negli anni novanta con l’esplodere della globalizzazione e con l’apparire sulla scena mondiale di un gruppo di paesi che mostrano tassi di crescita spettacolari, cogliendo, sia pure in misura diversa, le grandi opportunità offerte dalla globalizzazione. Entrano così in scena i BRICS cioè Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, allargando a quattro il gioco sul mercato mondiale. Ma questa configurazione non dura più di un decennio dei primi anni duemila, con un ridimensionamento dei tassi di crescita dei BRICS trascinata dalle esportazioni. Crollano i prezzi del petrolio rispetto agli alti livelli raggiunti, penalizzando soprattutto i BRICS grandi produttori di petrolio e di materie prime energetiche. E arriviamo agli ultimi anni in cui i giochi a livello mondiale sembrano ritornare nuovamente a tre con la supremazia dei paesi maggiormente industrializzati. Questi ultimi stanno ora affrontando la quarta rivoluzione industriale, con la totale digitalizzazione del sistema produttivo e distributivo, e con il previsto significativo aumento del peso della manifattura sul prodotto interno lordo (reshoring). Ciò tende naturalmente a rafforzare il gioco economico mondiale a tre e addirittura a due, con una crescita delle distanze tra paesi ricchi e paesi poveri.
Come ci insegna Giovanni Paolo II, grande Maestro di Dottrina Sociale della Chiesa, ai poveri si deve guardare “non come a un problema, ma come a coloro che possono diventare soggetti e protagonisti di un futuro nuovo e più umano per tutto il mondo”.
Un mondo, in definitiva, sempre più complicato e sempre più difficile da governare sul piano della sicurezza e su quello economico e finanziario. Papa Francesco usa per questo l’efficace immagine della terza guerra mondiale a pezzi. Solo una Autorità politica mondiale costruita con il consenso di tutti e dotata di veri poteri sanzionatori ci può salvare.
La grandezza politica si vede quando, in epoche difficili come l’attuale, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune nel lungo periodo. Per questo, come si legge nella Laudato si’ di Papa Francesco, abbiamo bisogno di “cambiare il modello di sviluppo mondiale”.