M. Keynes, in una monografia del 1919 sulle conseguenze economiche della pace, all’indomani della prima guerra mondiale, afferma “Il rovinoso dissesto dell’Europa, se non vi poniamo un freno, a lungo andare colpirà tutti; ma forse non subito e in modo traumatico. E questo ci offre una felice possibilità. Forse abbiamo ancora il tempo di riconsiderare la nostra condotta e di vedere il mondo con occhi nuovi”.
Dobbiamo superare la sindrome di Clemenceau per aprire cieli nuovi e terre nuove in Europa. Keynes prosegue infatti: “Clemenceau vede le cose in termini di Francia e di Germania, non di umanità e di civiltà europea in cerca di un nuovo ordine”.
Keynes parla di umanità e di civiltà europea come premessa per la costruzione di un nuovo ordine.
La grande sfida che abbiamo davanti a noi riguarda l’integrazione dell’etica nell’economia e quindi la ricerca di un nuovo umanesimo. Il riduzionismo economico e il relativismo etico hanno dato all’Unione Europea piedi di argilla, togliendogli la capacità di fare sviluppo per la costruzione del bene comune di tutti i cittadini europei.
Alla lunga sono le idee e non gli interessi costituiti a prevalere, nel bene e nel male.
Le idee che sono contrarie ai grandi valori umani della libertà, della responsabilità, della dignità e della creatività portano inevitabilmente al male e alla distruzione dell’uomo come insegnano lunghissimi anni di storia.
La civiltà europea è una civiltà fondata sul cristianesimo e sui suoi grandi valori che mettono l’uomo e le sue libere organizzazioni al centro di ogni processo di sviluppo per il bene comune.
La massima espressione dell’etica è il bene comune e l’etica cristiana ha un duplice fondamento che la rende forte rispetto alle altre etiche: la dimensione trascendente che conduce l’uomo al rapporto con Dio e quella del discernimento degli atti umani secondo principi di giustizia e di carità.
Solo la civiltà cristiana può salvare l’Europa che altrimenti è destinata ad uscire dalle grandi traiettorie della storia.
Papa Francesco, in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno il 6 maggio 2016, davanti ai vertici dell’Unione Europea, ha affermato che sogna “un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”; “Un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà”; “un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate più sui volti che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni”.
Sono questi i sogni che hanno animato e realizzato i padri fondatori dell’Europa, che erano dei grandi cristiani con una memoria e un’identità fondate sui valori. Sta a noi riprendere la strada che ci hanno indicato per la ricostruzione dell’Europa dei cittadini, per lo sviluppo umano integrale e il bene comune.