Si è aperta con il messaggio del Santo Padre inviato ai partecipanti alla 49ª Settimana Sociale dei
Cattolici Italiani, che si è svolta a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021 sul tema “Il pianeta che speriamo.
Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso”.
Il papa, dopo aver riaffermato che “la pandemia ha scoperchiato l’illusione del nostro tempo di poterci
pensare onnipotenti”, in pratica ha criticato la concezione faustiana della vita, ha invitato i cattolici italiani
ad avere “il coraggio della conversione ecologica” e “l’ardore della conversione comunitaria”… Ambiente,
lavoro, futuro. Tutto è connesso” – ha detto il pontefice – ed ancora una volta quindi ha precisato che la
sua non è un’ecologia “verde”, ma che “ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora
dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore”… nell’ambito della quale “il lavoro
conferisca dignità alla persona e custodisca il creato”. In effetti ha rivendicato quella dignità del lavoro,
troppo spesso violata e calpestata.
Su questo stesso tema si è soffermato nel suo intervento anche il cardinale Gualtiero Bassetti,
presidente della Cei, facendo un opportuno e preciso riferimento al drammatico fenomeno degli incidenti
sul lavoro, ricordando il discorso di Paolo VI che pronunciò all’Italsider nel 1968: “Ci sembra che tra voi e
Noi non ci sia un linguaggio comune”. Eppure, continuò il pontefice, “vi diremo una cosa semplicissima,
ma piena di significato”. “Lavoratori, che ci ascoltate: Gesù, il Cristo, è per voi!”. Allora in effetti ancora
non si era realizzata quella meravigliosa alleanza tra mondo operaio e Chiesa che con Solidarność
determinò l’inizio della fine del socialismo reale nell’Est Europa, al di là di quella che era stata la cortina di
ferro. E poi molto opportunamente il presidente della Conferenza Episcopale ha sottolineato: “Difendere e
valorizzare, in ogni latitudine e in ogni circostanza, il valore incalpestabile della dignità umana”. …“Sono
profondamente amareggiato e deluso per i troppi incidenti che avvengono nell’ambito del lavoro”. Una
strage infinita e continua che uccide lavoratori e distrugge famiglie.
La Chiesa e i cattolici italiani, dunque, sono scesi nuovamente in campo in questa particolare, delicata
fase della vita del nostro popolo per rilanciare la propria dottrina sociale.
Come si ricorderà le settimane sociali dopo che sotto l’egida della Santa Sede si erano tenute fin dal
1907 (il tema fu: “Movimento cattolico e azione sociale. Contratti di lavoro, cooperazioni, organizzazioni
sindacali, scuole”) per ben quaranta edizioni, si interruppero nel 1970 (l’ultimo argomento trattato a
Brescia fu: “Società industrializzata e condizioni umane”), senza che ancora oggi si conoscano i
responsabili di quella sciagurata decisione e tanto meno le motivazioni che portarono alla chiusura di un
ciclo fecondo di attività. Anche se è intuibile che la causa principale della soppressione va ricercata in
“quella malattia – come la definì il filoso Del Noce – che affligge i cattolici e che può anche essere
mortale: il senso di subalternità nei confronti di altri progetti culturali”, che negli anni del post-concilio si
fece più acuto che mai, mettendo in crisi tutto l’associazionismo cattolico e l’idea stessa di una Dottrina
Sociale Cristiana.
Sta di fatto che a partire dalla Rerum Novarum si assistette ad uno sviluppo, un approfondimento ed un
rifiorire del pensiero sociale della Chiesa “che impose a noi, come a tutti i cattolici italiani – affermava il
conte Medolago Albani al IX Congresso dei cattolici italiani tenutosi a Vicenza nel settembre del 1981 –
il dovere di procedere nell’azione economica sociale in modo più energico, più ampio e sistematico” e
che contribuì in tutti i Paesi alla nascita di società operaie, di sindacati, di corporazioni, di cooperative, di
casse rurali ed artigiane, di assicurazioni, di opere di assistenza, di legislazioni del lavoro, tentando in
ogni modo di portare le classi sociali più deboli ed indifese al rango di dignità e fraternità che gli spettava
in collaborazione con tutti gli altri ceti sociali. Tutto ciò accadeva fino agli anni Sessanta del secolo
scorso, ricevendo, peraltro – come scrisse Vittorio Possenti “un’attenzione su scala planetaria che
contrasta con un ingiustificato calo di fiducia da parte di persone, movimenti, associazioni cattoliche, che
avrebbero dovuto farsene carico elaborando idee e preparando quadri”.
Invece negli anni ’60 e ’70 si diffuse la convinzione che la Dottrina Sociale della Chiesa fosse
un’ideologia cattolico-conservatrice, borghese, un supporto in più al capitalismo.
E anche tra i cattolici ci fu chi la ritenne superata, tanto che fu messa in sordina su questo fondamentale
insegnamento che nasce – come è scritto nella Istruzione della Sacra Congregazione per la Dottrina
della Fede, “Libertà cristiana e Liberazione” – “dall’incontro del messaggio evangelico e delle sue
esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell’amore di Dio e del prossimo e nella
giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società”.
Per questo la sollecitudine per il sociale, anche ai nostri giorni, impegna la Chiesa e tutti i cattolici italiani
sulle questioni che caratterizzano convivenza sociale del nostro Paese. Attualmente oltretutto è
grandemente aumentata la complessità dei problemi e l’esperienza delle Settimane Sociali, che aveva
notevolmente contribuito al formarsi di una moderna coscienza civile dei cattolici italiani, oggi più che mai
deve concretizzarsi in nuove iniziative.
Le Settimane Sociali, dunque, intendono essere una iniziativa culturale ed ecclesiale di alto livello,
capace di affrontare, e se possibile, di anticipare gli interrogativi e le sfide, talvolta radicali, posti dagli
attuali mutamenti sociali, economici, scientifici e tecnologici ed insieme un ambito di dialogo e di
confronto con quanto di nuovo matura nel corpo nella società.
In questo scenario in continua ed accelerata evoluzione è estremamente importante che siano presenti i
cattolici per apportare quel contributo sempre originale di idee, di programmi e di passione, espressione
di una cattolicesimo attivo e non condizionato da complessi di inferiorità nei confronti delle culture
anticristiane, per affermare quell’unico progetto che “diverge radicalmente dal programma del
collettivismo, proclamato dal marxismo e realizzato in vari Paesi del mondo…” e “al tempo stesso
differisce dal programma del capitalismo praticato dal liberalismo e dai sistemi politici, che ad esso si
richiamano”, così come testualmente recita la “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II.
Mai come oggi è necessario perciò un nuovo patto sociale tra tutti gli uomini e le donne italiane di buona
volontà per mettere a tema l’Italia e il suo futuro, affermando un umanesimo fondato su Cristo. Non un
umanesimo indifferente, filantropico da Ong, ma un umanesimo che nasca dall’essere tutti fratelli in
Cristo Gesù.
Una terra di vecchi, caratterizzata da un gelido inverno demografico, necessita di una nuova
evangelizzazione… soprattutto in Europa.