NAPOLI – ‘In questo momento storico serve, con urgenza, applicare quanto ci insegna l’economia civile‘. Così Fabio Storchi, presidente di Ucid Reggio Emiliacavaliere del lavoro e già presidente di Federmeccanica dal 2013 al 2017. L’appello parte da un’analisi critica delle politiche economiche attuali, in particolare quelle promosse dalla presidenza americana di Donald Trump, che rischiano di innescare una pericolosa guerra commerciale. ‘I dazi annunciati e in parte attuati dalla presidenza Usa, e la conseguente guerra commerciale, non porteranno a nulla di buono‘, afferma Storchi. ‘Se il successo economico e tecnologico degli Stati Uniti è cresciuto grazie alla cultura del merito, l’esasperazione di questa visione rischia di distruggere le basi di un sistema equo e solidale” conferma.
Storchi, profondo conoscitore del mercato americano, denuncia i rischi di un modello che sembra privilegiare la legge del più forte, a discapito dei principi di equità e cooperazione. In un mondo sempre più diviso, Storchi propone un’alternativa concreta: l’economia civile, un modello che affonda le radici nella tradizione umanistica italiana e che pone al centro la persona umana, con la sua dignità e i suoi diritti.

L’ECONOMIA CIVILE NON È UN’UTOPIA MA UNA REALTÀ CONCRETA

L’economia civile, secondo Storchi, non è un’utopia, ma una realtà concreta che molte aziende stanno già sperimentando con successo. In un contesto competitivo segnato da sfide globali e turbolenze economiche, questo modello offre un’alternativa alla logica del ‘tutti contro tutti’, promuovendo la collaborazione, la responsabilità e lo sviluppo sostenibile. Le imprese che adottano i principi dell’economia civile vedono nei propri collaboratori non semplici esecutori, ma risorse fondamentali per il successo a lungo termine. Il rispetto della dignità umana, la promozione della solidarietà e la creazione di un ambiente di lavoro sano e giusto si traducono in un vantaggio competitivo, sia sul piano morale che economico. ‘Il coinvolgimento attivo dei collaboratori, il riconoscimento del loro valore come persone, porta a un miglioramento della qualità del lavoro, all’aumento della produttività e a una maggiore innovazione- spiega Storchi- Le persone motivate, che si sentono rispettate e parte integrante della missione aziendale, sono in grado di rispondere in modo più agile e creativo alle sfide della competizione globale’.

Storchi fa appello all’umanesimo che permea la cultura europea, invitando a costruire un mercato responsabile, solidale e sostenibile. La sua visione affonda le radici nella tradizione italiana di umanesimo civico, che già nel 1753, con Antonio Genovesi, introdusse concetti fondamentali come il bene comune, la reciprocità e la giustizia sociale. ‘L’economia civile non è solo una proposta teorica, ma un modello che ha già preso piede in molte realtà imprenditoriali- conclude Storchi- La vera forza di un’impresa non sta nell’imposizione del più forte, ma nel riconoscimento e nel rispetto della dignità umana, della solidarietà e della giustizia sociale. Questi valori non sono incompatibili con il successo economico; al contrario, sono la chiave per costruire un futuro più equo e prospero per tutti’.

BRANCACCIO INTERVIENE SULLA LEGGE DI ‘PARTECIPAZIONE AL LAVORO’

Stefania Brancaccio segretario nazionale Ucid e imprenditrice, interviene sulla legge di ‘Partecipazione al lavoro’: era questo il nome della proposta legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori nelle aziende. Dopo il passaggio nelle Commissioni riunite Lavoro e Finanze e dopo il voto favorevole della Camera dei deputati, la legge è ora trasmessa al Senato della Repubblica. La legge, che ha mantenuto i contenuti più importanti della proposta di iniziativa popolare, si articola in 15 articoli suddivisi in 8 capi che attuano, dopo ben 77 anni, uno dei più rilevanti articoli della Costituzione Italiana, il 46, che regola ‘il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende‘. Brancaccio: ‘Da imprenditrice e dirigente, so che ogni giorno siamo chiamati a compiere scelte che influenzano il futuro delle nostre aziende e delle persone che lavorano con noi. Sappiamo che la crescita non si misura solo con il fatturato, ma con la capacità di costruire imprese solide, resilienti e capaci di adattarsi alle sfide di un mondo che cambia. Mi rendo conto che molti di noi sono scettici, temiamo che la partecipazione possa togliere autonomia alle nostre scelte, che complichi la gestione aziendale, che rallenti i processi decisionali. Ma fermiamoci un momento e guardiamo le cose da un’altra prospettiva. Chi meglio di chi lavora ogni giorno accanto a noi può aiutarci a migliorare l’azienda? Chi conosce meglio di loro i problemi reali della produzione, i rischi operativi, le opportunità di ottimizzazione? Dobbiamo smettere di pensare alla partecipazione come una cessione di potere e iniziare a vederla per quello che è: un’intelligenza collettiva messa al servizio dell’impresa. Un rafforzamento della governance, non un suo indebolimento. L’approvazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori rappresenta un punto di svolta. Possiamo guardarla con diffidenza, temendo di perdere il controllo, o possiamo coglierne il vero potenziale e farne un’opportunità per rafforzare la nostra leadership e rendere le nostre aziende più competitive e sostenibili’.

PARTECIPAZIONE: DA IMPOSIZIONE A LEVA STRATEGICA – ‘Per troppi anni la partecipazione è stata vista solo come una questione di redistribuzione degli utili. In realtà, si tratta di qualcosa di molto più profondo: è una scelta di governance, di innovazione e di competitività. Ecco perché noi dobbiamo essere i primi a dare il buon esempio. Dobbiamo dimostrare che un modello di impresa partecipativa non è una minaccia, ma una scelta intelligente. Che un leader non perde il suo potere quando ascolta, ma lo rafforza. Noi, che siamo alla guida delle imprese, sappiamo quanto sia fondamentale costruire un sistema di gestione solido, capace di anticipare i rischi e valorizzare ogni risorsa disponibile. E il primo asset che abbiamo a disposizione sono proprio le persone che lavorano con noi- spiega Brancaccio- Dobbiamo smettere di pensare che coinvolgere i lavoratori significhi complicare le decisioni o rallentare i processi. Al contrario, significa creare un’intelligenza collettiva che ci aiuta a vedere meglio, a innovare più velocemente, a prevenire problemi prima che diventino crisi’.

UN NUOVO MODELLO DI GOVERNANCE PER IMPRESE PIÙ FORTI – ‘La ‘G’ di Governance nei criteri Esg è ormai un parametro chiave per la sostenibilità delle aziende- sottolinea ancora- Gli investitori, le istituzioni e persino il mercato del lavoro premiano le imprese che adottano modelli partecipativi, perché dimostrano di avere una leadership più stabile, meno conflittuale e orientata al lungo termine. Non sono teorie, ma realtà già applicate con successo in Germania, Francia e nei paesi nordici, dove la partecipazione ha rafforzato le imprese invece di indebolirle’.

UN PRINCIPIO CHE AFFONDA LE RADICI NELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA – ‘Noi, imprenditori e dirigenti dell’Ucid– le parole di Brancaccio- non siamo solo manager: siamo persone che credono in un’economia giusta, sostenibile e orientata al bene comune. La Dottrina Sociale della Chiesa ci insegna che l’impresa non è solo un luogo di scambio economico, ma una comunità di persone che lavorano insieme per creare valore. La partecipazione non è una concessione, ma una scelta di responsabilità e di giustizia. Un imprenditore cristiano non si limita a generare profitto, ma costruisce un’impresa che valorizza il lavoro e le persone’.

IL RUOLO DELL’UCID: GUIDARE IL CAMBIAMENTO – ‘L’Ucid non è un’associazione di imprese, ma di imprenditori e dirigenti che ogni giorno prendono decisioni- sottolinea- affrontano sfide e tracciano il futuro delle loro aziende. E oggi, più che mai, abbiamo il dovere di essere pionieri di un nuovo modo di fare impresa, più equo, più innovativo, più sostenibile. Non possiamo restare spettatori di questo cambiamento. Dobbiamo esserne protagonisti, dimostrando con i fatti che la partecipazione non è un rischio, ma un vantaggio competitivo, che non toglie forza alla leadership, ma la rafforza’.

https://www.dire.it/26-03-2025/1135157-storchi-e-brancaccio-ancorarsi-ai-valori-dellucid-oggi-e-necessario/