L’UCID, per celebrare i 60 anni dei Trattati di Roma, ha organizzato il 4 aprile prossimo a Roma la presentazione di una monografia dedicata all’importante evento, con contributi di amici e di soci dell’UCID, preceduti dallo scenario sul disegno storico e ideale dell’Europa, tratto da un’intervista a Benedetto XVI del 26 novembre 2009. La monografia è aperta dalle Prefazioni del Cardinale Salvatore De Giorgi, Consulente Ecclesiastico Nazionale dell’UCID, e del Dott. Giancarlo Abete Presidente Nazionale. Segue l’Introduzione del Dott. Giovanni Scanagatta, Segretario Generale. La monografia è arricchita da due appendici: la prima sui problemi dell’Euro di Antonio Fazio, già Governatore della Banca d’Italia, e la seconda che raccoglie gli Atti di un Convegno organizzato dall’UCID di Trento e dall’UCID Nazionale il 5 novembre scorso sulla ricerca di un nuovo ordine economico mondiale e l’Europa.
Benedetto XVI richiama l’importanza di non separare l’etica dall’economia perché la separazione che abbiamo tutti sotto gli occhi nell’era della globalizzazione e dell’accelerazione del progresso scientifico e tecnico sta provocando in tutti un senso di grande incertezza e di smarrimento, a partire dalla nostra Europa. L’etica deve essere un principio interiore dell’economia, la quale non funziona se non tiene conto dei valori umani della solidarietà, delle responsabilità reciproche e se non integra l’etica nella costruzione dell’economia stessa: è la grande sfida di questo momento.
I contributi di amici dell’UCID sono del Prof. Marzano, del Prof. Giannola, dell’On. Santo Versace, del Dott. Giorgio Anselmi, del Dott. Pier Virgilio Dastoli.
Il Prof. Marzano analizza L’Europa, la crisi e i valori. I grandi principi di civiltà, che sono stati alla base della costruzione europea, cioè la libertà, l’eguaglianza, lo Stato di diritto, sono fondamentali per un futuro europeo sostenibile. E in concreto, in applicazione di quei principi nella forma della libertà di circolazione delle persone, dei capitali, dei prodotti hanno contribuito in misura decisiva alla storia del comune sviluppo economico. Pur tuttavia, la costruzione di muri, la disoccupazione, specie e ancora una volta giovanile, la durata senza precedenti del ciclo economico, cresciute diseguglianze, il diffuso sentimento di incertezza, hanno incrinato la fiducia in quei principi. Ai meriti dell’unificazione, si sono andati contrapponendo i suoi limiti. Occorre migliorare l’Europa, sebbene si debba por mano anche ai limiti propri di ogni Stato.
Il Prof. Giannola si sofferma sul tema del Mezzogiorno e dell’Europa che costituisce una prospettiva necessaria. Una accorta redistribuzione delle risorse, finalizzata strategicamente determinerebbe significativi incrementi dei tassi di crescita a livello nazionale e l’eliminazione di strozzature strutturali e, perciò, ulteriori effetti: accelerazione del processo di conseguimento del pareggio di bilancio strutturale, riduzione più rapida del rapporto debito/PIL, un’attenuazione del regime di austerità che comunque continua a condizionare l’economia. Di questo deve discutere non il Mezzogiorno, ma l’Italia e portare queste opzioni in Europa, prospettando con eviedenze concrete il “ruolo nuovo” che le condizioni poste a salvaguardia della politica di coesione possono e debbono svolgere, non ultimo, a salvaguardia della sopravvivenza di questa sofferente Unione.
L’On. Versace guarda al futuro dell’Europa dal punto di vista dal ruolo che devono avere le minoranze creative. Abbiamo bisogno di una formazione e di un’educazione fortemente basate sulla cultura e sui grandi principi etici, perché la massima espressione dell’etica è il bene comune. Da questo punto di vista, la vera politica è la più alta espressione della carità. Per molti aspetti, l’abbassamento e l’appiattimento culturale dei nostri giorni sono il risultato dei residui lasciati dal ritiro delle onde lunghe della secolarizzazione. Abbiamo bisogno di ideali e di valori, senza i quali nessuna autentica forza riesce a formarsi e poi sfuggire alle tentazioni di tipo oligarchico. Come ci esorta Benedetto XVI, dobbiamo “formare” autentiche minoranze creative perché “Il destino di ogni società dipende sempre da minoranze creative”. Diversamente, L’Europa è destinata ad uscire dalle grandi traiettorie della storia.
Il Dott. Giorgio Anselmi si sofferma sulla base etica dell’unificazione europea. Il contributo dei cattolici al processo di unificazione europea, a partire dai Padri fondatori, ha una profonda radice valoriale ed etica, così ben illustrata da don Sturzo: “Più si affermano i vincoli internazionali e più vengono limitati i poteri dei singoli Stati; l’orientamento verso la limitazione dei poteri sovrani ha una base etica, in quanto razionale nelle sue premesse universalistiche, contrarie alle teorie delle monarchie assolute dell’ancien régime, ai nazionalismi dell’Ottocento, al nazismo e fascismo dell’anteguerra, che contenevano in sé un virus individualista e statalista con tendenze contrarie alla morale”. Solo recuperando l’ispirazione ideale ed indicando chiaramente l’obiettivo finale è possibile riaccendere quella fiducia nel cammino europeo che è andata via via scemando sotto i colpi di una crisi che ha rotto la solidarietà e riportato in auge gli egoismi nazionali.
Il Dott. Pier Virgilio Dastoli afferma che il metodo abituale di riforma dei trattati, con la sua priorità agli accordi fra i governi, non appare più consono ai tempi attuali e ancor meno a quelli futuri. Per definire il futuro dell’Unione, occorrerà un dibattito articolato che coinvolga tutti i cittadini, i movimenti di opinione, i partiti politici e che stimoli i governi degli Stati, ciascun Parlamento nazionale, le assemblee legislative regionali e il Parlamento europeo, con un dialogo fra delegazioni parlamentari. Bisogna avere un’ampia discussione e non sfuggire al contradittorio con gli euro-scettici e gli euro-critici, oggi apparentemente in gran numero. Va rigorosamente garantita la migliore e capillare informazione, quanto sul metodo quanto sui contenuti. Un luogo ideale per avviare un simile dibattito potrebbe essere costituito dalle Università, facilitando occasioni di confronto strutturato, aperte alla cittadinanza, alla società civile.
I contributi di soci dell’UCID sono del Dott. Bertani, del Dott. Marino, del Dott. Pasetto, del Sen. Pedrizzi, del Dott. Scanagatta.
Il Dott. Bertani compie un interessante excursus storico dalla Comunità Economica Europea del 25 marzo 1957 all’Unione Europea del 25 marzo 2017. Viene messo in chiara evidenza lo stato di difficoltà in cui versa l’Unione Europea: i padri fondatori sono usciti di scena senza lasciare eredi; la mancanza di leaders non consente di per sé che siano proposti progetti; l’assenza di una guida politica lascia la guida dell’Unione Europea alla burocrazia; caratteristica della burocrazia è l’obiettivo di aumentare le proprie competenze; di conseguenza sia gli Stati aderenti che i popoli soffrono il peso dell’ingerenza sempre più estesa e capillare della burocrazia europea. Gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, il Giappone sono Paesi amministrati nell’interesse dei rispettivi popoli, pesi che agiscono a livello mondiale e operano scelte certamente non prive di influenza sull’Europa e sui suoi futuri assetti. Occorre augurarsi che l’Italia così come gli altri Paesi europei possa, voglia e sappia amministrarsi nell’interesse, non solo economico, dei propri cittadini in una dignitosa convivenza con i grandi Paesi dominanti e che sappia dare una risposta positiva alla domanda di progresso morale.
Il Dott. Marino si interroga su quale potrà essere il futuro per l’Europa. Si parte per questo dall’interrogativo posto da Papa Francesco al Parlamento Europeo in occasione della sua visita nel 2014: “Come dunque ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia nel perseguire il grande ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri?”. Per il proprio futuro l’Europa deve sapere declinare concretamente tre termini che cominciano per S: Sviluppo, Solidarietà, Sussidiarietà. L’Europa deve essere più democratica e organizzata secondo il principio di sussidiarietà, distribuendo i poteri e le risorse tra l’Europa e i Paesi membri in modo che si affrontino i problemi al livello più adeguato per risolverli. In altre parole, si tratta di costruire una federazione di Stati europei, mettendo al primo posto la dignità dei cittadini che può essere raggiunta solo con fondamenti di natura etica e morale.
Il Dott. Pasetto affronta il tema dell’ipotesi di un’Europa a geometrie variabili, dopo l’uscita della Gran Bretagna (Brexit). Partendo dai dati, l’Europa a geometria variabile già esiste. Basta considerare i tassi di crescita. Ed esiste anche in altri campi, come la moneta, in cui solo 19 paesi su 28 partecipano all’euro, e la circolazione delle persone, dove 23 paesi su 28 aderiscono allo spazio di Schengen. La Merkel, incontrando Draghi, ha poi precisato che l’Europa a più velocità non rigaurda i paesi dell’euro, che anzi devono essere il più possibile coesi, ma soltanto i Paesi UE al di fuori della moneta unica. L’Europa a due velocità non risolva il problema di fondo che la Brexit ha evidenziato: quello della disaffezione popolare, che richiede di riesaminare le fondamenta del modello europeo. Il modello politico-economico dell’Unione Europea deve essere ispirato ai principi del bene comune, cui conduce l’evoluzione della cultura umanistica laica e del pensiero cristiano. Questo significa porre al centro dell’attenzione il benessere effettivo dei cittadini e delle imprese, dando a tutti la possibilità concreta di raggiungere i propri obiettivi e il livello desiderato della propria qualità della vita. In secondo luogo occorre intervenire sulla governance europea. Oggi abbiamo un Parlamento europeo, eletto dai cittadini di tutti i Paesi membri, che conta poco, se paragonato ai vari Parlamenti nazionali. Accanto ad esso troviamo una Commissione, non eletta dai cittadini europei, ma nominata dai governi nazionali, che rappresenta il vero potere in Europa e che si confronta a sua volta con i governi stessi. Questa non è unione politica e bisogna fare in modo che questo sistema cambi per dare un futuro sostenibile all’Unione Europea.
Il Sen. Pedrizzi ritiene che solo l’Europa che fa appello alla propria storia e alla propria identità ci può salvare. Le impegnative sfide che attendono l’Europa esigono una perfetta consapevolezza della propria identità storica, culturale, sociale e spirituale che se non è cristiana non è nemmeno concepibile. L’Europa unita è oggi una realtà della quale il mondo intero non può fare a meno e dalla quale è praticamente impossibile che gli stessi Stati membri possano prescindere. La comune matrice della cultura europea costituisce dunque l’effettivo nucleo identitario delle comunità e delle nazioni aderenti all’Unione. L’Europa pertanto deve riprendere il cammino intrapreso andando oltre l’integrazione economica e finanziaria per puntare con decisione alla creazione di un soggetto politico omogeneo e coeso che coinvolga popoli e comunità. Ed allora risulta improcrastinabile aprire una nuova stagione di riforme istituzionali per rilanciare il dibattito sulla stessa idea di unità europea consapevoli che bisognerà salvaguardare l’identità, esaltandone le radici, dei singoli popoli e di tutte le nazioni.
Il Dott. Scanagatta nel parlare del futuro dell’Europa ricorda il dilemma di Thomas Mann. Si riuscirà ad abbandonare l’idea di “un’Europa tedesca” per sviluppare invece un “Germania europea”, più aperta alle esigenze degli altri popoli? Per il futuro dell’Europa abbiamo bisogno di leader, come è avvenuto all’indomani della seconda guerra mondiale, con la nascita della CECA e poi del Mercato Comune, ad opera di statisti illuminati dal cristianesimo come Adenauer, De Gasperi e Schuman. Altrimenti, come stiamo vedendo, prevalgono i burocrati della Commissione che ingessano e soffocano tutto con un eccesso di regole e di direttive. La Germania ha veramente una grandissima responsabilità verso l’Europa. Molti sono coloro che non la ritengono all’altezza del compito: a cominciare dal filosofo tedesco Habermas. Volenti o nolenti, dobbiamo riporre le nostre speranze nella Germania. Se poi la Germania non volesse o non potesse realizzarle, sarebbe un disastro per tutti, a cominciare dai tedeschi destinati a soccombere, ancora una volta, ai sogni di grandezza.
L’Unione Europea sta certamente attraversando il suo ciclo più basso. Occorre reagire con forza a chi afferma: “Avete reso un sogno una schiavitù”.
Il 13 marzo scorso il Governatore della Banca d’Italia in un suo intervento ha affermato che “ A 60 anni dalla firma dei trattati di Roma, il rischio di paralisi politica in Europa non è mai stato così elevato e richiede una risposta unitaria”. Quell’unità di intenti, di valori e di responsabilità per il bene comune di tutti i cittadini europei che aveva portato alla firma per la costituzione della Comunità Economica Europea nel 1957.