L’ultima Relazione annuale della Banca d’Italia è stata rinnovata nella struttura e nei contenuti, con un approfondimento tematico sulla Pubblica Amministrazione. Anche le Considerazioni finali del Governatore presentano una differente distribuzione degli spazi dedicati ai diversi temi. Molto spazio viene riservato alle banche e al finanziamento dell’economia e, soprattutto, alla vigilanza e all’unione bancaria.
La prima parte delle Considerazioni finali è dedicata alle caratteristiche strutturali ed evolutive dell’operatività della Banca. Segue una parte sulla politica monetaria e la crescita economica nell’area dell’euro. La terza parte è dedicata all’economia italiana e alla necessità di consolidare la ripresa. Le ultime due parti riguardano il sistema bancario: le banche e il finanziamento dell’economia; la vigilanza e l’unione bancaria.
Vengono qui di seguito riassunti i contenuti delle parti in cui si articolano le Considerazioni finali.
Nel 2014, la Banca ha conseguito un risultato lordo inferiore a 6 miliardi di euro, contro 7 dell’anno precedente. L’importo riconosciuto allo Stato è di circa 2 miliardi, a cui vanno aggiunte imposte di competenza superiori a 1 miliardo. Il personale attualmente è di poco superiore ai 7 mila dipendenti, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Le Filiali sono 58, rispetto alle 97 del 2007. Entro la fine del 2018, dovranno scendere a 39. Circa il 40% del personale della Banca è direttamente impegnato nella partecipazione all’Eurosistema e al meccanismo unico di vigilanza.
L’anno scorso sono pervenuti alla Banca d’Italia quasi 14 mila esposti, 2.200 in più rispetto al 2013. I ricorsi all’Arbitro bancario finanziario sono stati 11 mila, il 40% in più rispetto all’anno precedente, con 8.500 pronunce, per due terzi favorevoli ai clienti.
Le economie dei Paesi emergenti hanno mostrato un rallentamento nel 2014. L’attività economica dell’area euro è rimasta debole per gran parte dell’anno. Si sono ridotti i differenziali di crescita all’interno dell’area. L’aumento dell’occupazione è stato notevole in Germania e in Spagna, scarso in Francia e in Italia. Alto risulta il tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani e nel Sud del nostro Paese. La dinamica dei prezzi al consumo segnala una situazione di deflazione. I tassi ufficiali di interesse sono su livelli minimi e quelli a breve di mercato sono negativi. L’acquisto di titoli di Stato da parte delle Banche centrali che fanno parte del sistema, comprimono i rendimenti e sospingono le economie al di fuori della deflazione. Migliorano le condizioni dell’offerta di credito alle famiglie e alle imprese; si deprezza il tasso di cambio con effetti sull’inflazione importata e sulle esportazioni. Si accresce il valore delle attività finanziarie con effetti positivi sulla domanda del settore privato (real balance effect). Ma la politica monetaria non può da sola garantire una crescita duratura e sufficientemente elevata. Va data rapida attuazione al Piano di investimenti per l’Europa. Occorre inoltre portare avanti le riforme istituzionali che riducono la differenza tra crescita potenziale del reddito e crescita effettiva. In ogni caso, il progresso tecnico rimane il motore dello sviluppo economico e per la crescita della produttività. Stiamo correndo velocemente verso la quarta rivoluzione industriale che interesserà sia la nuova economia che quella vecchia. Nascono occupazioni nuove e sono necessarie nuove professionalità, con formazione del capitale umano ai più alti livelli.
Anche in Italia si è avviata la ripresa, ma occorre consolidarla. Le condizioni di contesto sono favorevoli, come il livello competitivo del tasso di cambio, i tassi di interesse intorno allo zero, la liquidità abbondante, il prezzo del petrolio basso. I primi effetti positivi li stiamo vedendo sul saldo delle partite correnti della nostra bilancia dei pagamenti, che è ritornato attivo nella misura 2% del prodotto interno lordo. Rimane tuttavia un’attività innovativa delle nostre imprese mediamente inferiore a quella delle imprese estere, anche per la scarsa propensione a collaborare con università e altre istituzioni di alta formazione. Il fenomeno si accompagna ad una debolezza dell’intera filiera che comprende la presenza meno efficiente e strutturata di investitori finanziari istituzionali che sostengono la nascita e lo sviluppo di nuove imprese. Altro insieme di fattori penalizzante è rappresentato dal sovraccarico di adempimenti burocratici e all’instabilità delle norme. Si aggiungono i tempi della giustizia civile enormemente più lunghi rispetto alla media degli altri Paesi nostri concorrenti.
Nei Paesi europei e anche nel nostro si sta verificando uno spostamento dal sistema di finanziamento dell’economia attraverso l’intermediazione a quello attraverso il mercato. Il Parlamento ha riformato il comparto delle banche popolari, con l’obbligo della trasformazione di una decina di banche in società per azioni. Si abbandona il principio del voto capitarlo e la proprietà della banche popolari diventa più contendile. Si spera che la loro vocazione per il finanziamento dell’economia del territorio non venga stravolta. Sul piano generale, sembra allentarsi il razionamento del credito, con un’attenuazione della dinamica negativa degli impieghi a favore delle imprese. Rimane tuttavia significativa la differenza tra la dinamica degli impieghi dei grandi gruppi bancari e quella delle banche orientate al territorio. I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle imprese sono scesi dall’inizio del 2014, seguendo quelli più bassi praticati alle imprese esportatrici e alle imprese di maggiori dimensioni. Notevolmente peggiorata è la qualità del credito concesso, con un’incidenza delle sofferenze sugli impieghi che è salita dal 6% del 2008 al 10% alla fine del 2014. Gli accantonamenti delle banche a fronte della forte crescita delle sofferenze sono stati cospicui, condizionando la redditività del sistema. La conseguente riduzione dell’autofinanziamento ha determinato un vincolo all’erogazione di nuovi prestiti, rafforzato dalla riduzione della leva finanziaria. Nel 2014 il forte incremento dei coefficienti patrimoniali che hanno raggiunto la media del 12% rispetto a diversi punti in meno degli anni precedenti, è stato conseguito soprattutto grazie agli aumenti di capitale sollecitati dalla Banca Centrale. Per recuperare redditività, le banche hanno la strada della riduzione dei costi e dell’ampliamento delle fonti di ricavo. Di fronte a questa situazione, le imprese non hanno che la strada del finanziamento diretto sul mercato finanziario, con riferimento sia al capitale di rischio che a quello di debito. Sono stati compiuti interventi importanti per rafforzare il mercato dei capitali. Il ricorso al capitale di rischio da parte delle imprese è stato incentivato con la sostanziale eliminazione dello svantaggio fiscale nei confronti del finanziamento con debito. Sono stati introdotti benefici di natura fiscale per le quotazioni in borsa e per i fondi di venture capital e incentivi all’emissione di obbligazioni da parte delle società non quotate.
Il meccanismo di vigilanza unico sulle banche dell’area euro ha iniziato ad operare in novembre dello scorso anno. Il suo avvio è stato preceduto da una valutazione approfondita dei bilanci delle principali banche, attraverso gli stress test per vedere la capacità di resistere a shock estremi. Dall’anno prossimo entrerà in funzione il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie definito a livello europeo. Esso introdurrà importanti innovazioni, incidendo su legislazioni e prassi per la gestione delle crisi, in passato molto differenziate tra paesi. La clientela, specie quella meno in grado di selezionare correttamente i rischi, andrà adeguatamente informata del fatto che, nel caso detenga strumenti diversi da depositi e titoli garantiti, potrebbe dover contribuire alla crisi di una banca.
La parte finale delle Considerazioni del Governatore della Banca d’Italia riguardano la filosofia dello sviluppo. Si afferma che l’esperienza insegna che con direttive dall’alto difficilmente si individuano i migliori sentieri di sviluppo. Non infrequentemente, l’intervento pubblico va a sfavore della collettività e distorce l’allocazione delle risorse. Per legge, afferma il Governatore, non si produce ricchezza e non si creano posti di lavoro in modo sano e duraturo. E’ l’economia d’impresa la vera artefice dello sviluppo, nel rispetto delle regole e nella coscienza della responsabilità verso la società.